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Gravina: “Terza ondata? Serie A non a rischio, c’è un protocollo. I playoff…”

Matteo Pifferi

Il presidente della FIGC, Gabriele Gravina, ha risposto in maniera categorica in merito ad un altro stop alla Serie A

Il Corriere dello Sport ha intervistato il presidente della FIGC Gabriele Gravina. Tanti i temi trattati, dall'eventuale disputa dei playoff fino alle qualificazioni ai Mondiali del 2022 che potrebbero avere difficoltà logistiche, fino al futuro di Mancini.

Presidente Gabriele Gravina, teme un nuovo stop del calcio per la pandemia?

«No. La terza ondata con le sue varianti colpisce i giovani, e questo preoccupa. Ma l’applicazione collaudata del protocollo e il monitoraggio costante sono una garanzia per la salute degli atleti. I contagi fin qui sono molto limitati. I campionati non corrono rischi».

Ma non sente il fiato sul collo di un partito dei play off? Di società, intendiamo, pronte a lucrare sugli effetti della pandemia?

«Mi dispiacerebbe se qualcuno coltivasse in maniera celata questo sogno. Conoscete il mio favore per i play off, ma certo non sono queste le condizioni per introdurli».

Lazio-Torino va giocata?

«Decide il giudice sportivo. Mi limito a dire che il protocollo funziona anche nel prevedere cause di forza maggiore. Nessuno può rivendicare la priorità della nostra giurisdizione domestica rispetto a leggi dello Stato e a diritti non sopprimibili. Certo, sarebbe meglio - e non mi stancherò di ripeterlo - che le valutazioni delle Asl fossero uniformi in tutto il Paese».

La Fifa ha sospeso in Sudamerica le gare di qualificazione ai Mondiali. C’è preoccupazione per quelle europee di fine mese?

«Ci saranno disagi, li affronteremo. Abbiamo i mezzi e le regole per giocare al sicuro, coordinandoci con le altre federazioni».

In Italia ci sono stranieri che dovrebbero fare il giro del mondo. I club faranno resistenza a lasciarli partire. Sono immaginabili deroghe?

«Non ne abbiamo il potere. Ci atterremo alle disposizioni della Fifa».

E se la resistenza riguardasse anche le tre gare della Nazionale, due delle quali in trasferta?

«Mi auguro che non accada. Non ci sarebbero i presupposti, considerato quello che noi facciamo per garantire la salute dei calciatori».

Dalla Uefa filtra che i convocati per gli Europei non avranno priorità nelle vaccinazioni, mentre gli atleti olimpici saranno tutti immunizzati. Perché due pesi e due misure?

«Credo e spero che arriveremo tutti nella stessa condizione. Per questo il calcio mette a disposizione i suoi hub sportivi per accelerare le vaccinazioni. Tutte le società hanno un’organizzazione sanitaria, di cui fanno parte medici, fisioterapisti e altro personale specializzato. Noi offriamo questa rete per somministrare il siero alla popolazione. Al fianco della Protezione civile, al fianco del porta a porta che sta per partire nel Paese».

È un’offerta al governo?

«Sì, vogliamo dare il nostro contributo, come annunciato nella visita allo Spallanzani e condiviso dal direttore sanitario Francesco Vaia. Siamo presenti in maniera capillare in tutto il territorio nazionale con strutture e operatori. Li mettiamo a disposizione dell’Italia».

Chiedendo in cambio una priorità nelle vaccinazioni degli atleti?

«Assolutamente no, vogliamo servire il Paese, sentiamo la responsabilità di vaccinare tutti e presto. Anche gli atleti, secondo il naturale ordine di priorità che lo Stato assegna loro in quanto cittadini, non prima degli altri. Questa è la nostra offerta per immunizzare tutti prima dell’estate».

Il passaporto vaccinale può essere una condizione per la riapertura degli stadi?

«Certo che sì. Superando qualche ipocrisia sul cosiddetto trattamento dei dati sensibili. Guardiamo in faccia la realtà: se vogliamo salvaguardare la salute, qualche piccola concessione sulla privacy dobbiamo farla. In novanta giorni possiamo raggiungere l’immunità di gregge e spegnere i pruriti che vorrebbero spostare gli Europei».

L’anno scorso il calcio ha perso 600 milioni. Quest’anno come finirà?

«Più o meno nello stesso modo. Perché, oltre al danno da botteghino, avremo il crollo delle sponsorizzazioni. L’impossibilità di offrire l’ospitalità negli stadi disincentiva i contratti. La perdita sarà rilevante. Stiamo studiando insieme con le società una rinegoziazione degli ingaggi con i tesserati».

I livelli retributivi pre-pandemia sono da azzerare?

«Sono da limare. Si fondavano su ricavi che sono venuti meno. Il codice civile ne tiene conto, quando parla di cause di forza maggiore e di eccessiva onerosità».

Ma intanto il contratto con Mancini sarà prorogato oltre i Mondiali? O lui continua a nicchiare?

«No, proprio in questi giorni stiamo discutendo un accordo che guarda al futuro. Non solo per valorizzare i risultati sportivi, ma per dare progettualità a un metodo che ha rivoluzionato il modo di fare calcio».

Quindi si arriva agli Europei con la firma?

«Penso proprio di sì».

Toloi ha scelto l’Italia. Le nuove cittadinanze possono portare nuova linfa alla Nazionale?

«Sì, e l’entusiasmo di questi ragazzi di far parte del nostro gruppo la dice lunga sul clima che si respira. Abbiamo costruito un ambiente che chiama a sé energie positive. Dobbiamo proteggerlo da inutili tensioni e i risultati migliori verranno».

A proposito di tensioni, Kean era considerato un atleta perduto.

«E sta mostrando di essere un campione vero. Onore a Mancini, che ha continuato a stargli vicino e a convocarlo, anche quando si è reso protagonista di qualche atteggiamento distante dal nostro modo di intendere la relazione sportiva e umana. È cresciuto, come atleta e come uomo».

L’ha stupita vedere Orsato che recita il mea culpa in tv? È immaginabile che gli arbitri rendano conto delle loro decisioni?

«Nessuno stupore, ho sempre puntato a rendere intellegibile ciò che avviene in campo. Dobbiamo solo stare attenti a non strumentalizzare le decisioni che ci fanno comodo, perché la trasparenza richiede responsabilità. Ma il Var centralizzato sarà il passo decisivo verso questo obiettivo».