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Natalino: “Io fortunato e sfortunato, ringrazio l’Inter. Quando ho saputo del mio problema…”

Marco Astori

Primo ricordo con un pallone tra i piedi?

"Ero piccolissimo, me lo racconta sempre mio padre. Ero in casa, giocavo nell'andito, le porte di casa si trasformavano in quelle del campo a undici. Qualche vaso l'ho rotto, prima di aggiustare la mira (ride). Poi entrai nel settore giovanile del Crotone. Sacrifici? Tantissimi e penso che siano fondamentali perché ti fanno capire da subito che se vuoi arrivare te la devi guadagnare. Prima dell'Inter facevo tutti i giorni la Lamezia Terme-Crotone per allenarmi con i rossoblù: cento chilometri all'andata e cento al ritorno. Dopo la scuola un panino al volo e via in macchina con mio padre, che non potrò mai smettere di ringraziare. Sacrificava le sue ore libere dal lavoro per me".

Poi la chiamata tanto attesa.

"Ho fatto questa vita per tre anni prima di essere convocato in Nazionale: dopo mi prese l'Inter. Anche a Milano i sacrifici non sono mancati. Vivere in convitto lontano dalle proprie famiglie all'inizio è veramente dura, si può rientrare ogni 2-3 mesi a casa. Poi però una volta che scali le varie categorie e ti avvicini alla prima squadra diventa tutto più semplice. Ancora ricordo l'esordio con il Parma, partita molto tirata: eravamo 2 a 2. Poi facemmo il gol del 3 a 2 e la partita finì 5 a 2. A metà tempo Rafael Benitez si avvicinò e mi disse quelle quattro parole magiche: "Natalino, vatti a riscaldare". Emozioni forti, da una parte un po' di "fifa" da debutto, dall'altra finalmente stai per vivere il momento aspettato da anni. Devi avere la testa per capire che è arrivato il tuo momento e la voglia di non sbagliare deve prevalere sulla paura di non risultare all'altezza".

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