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Serena: “Scudetto, è lotta Juve-Inter-Napoli. Apprezzo Hakimi. Io non contento di…”

Le parole dell'ex centravanti

Marco Astori

Intervenuto ai microfoni di Repubblica, Aldo Serena, ex centravanti dell'Inter, ha parlato così del prossimo campionato di Serie A.

Alla fine chi la spunterà?

"Immagino una lotta a tre fra Juve, Inter e Napoli. Stimo moltissimo Gattuso, sta facendo solo cose giuste".

Come giudica il mercato fatto finora da Milan, Inter e Juve, squadre con cui ha giocato e vinto lo scudetto?

"Inter e Juve, pur con limiti economici, sono entrambe bene attrezzate. Penso che il vero botto di questa sessione sarà l'attaccante bianconero. Per il resto, apprezzo Hakimi e Kulusevski, entrambi destinati a diventare molto forti. Quanto al Milan, sta facendo quello che serve per tornare al suo livello, e giocare già dall'anno prossimo la Champions League".

Che sensazioni ha avuto un interista come lei a giocare nel Milan e alla Juve?

"All'inizio, non ero contento. Fosse stato per me, sarei rimasto sempre all'Inter, ma mi davano continuamente in prestito. Ho giocato un derby con addosso la maglia del Milan, e dopo venti  giorni ero di nuovo in ritiro con i nerazzurri. Sono sceso in campo col Toro contro la Juve, e dopo tre settimane sono passato in bianconero. Arrivai a pensare che fosse il mio destino e lo accettai".

Nell'epoca delle proprietà straniere e delle plusvalenze, i club hanno ancora un'identità propria?

"È molto molto difficile mantenerla, soprattutto nelle grandi realtà. L'ultimo baluardo ormai è il legame fisico con la città, che non va dato per scontato e va difeso. Siamo sicuri che un nuovo proprietario, per necessità di stadio e convenienza logistica, non possa un giorno spostare l'Inter a Udine, la Sampdoria a Lucca o la Spal nel Lazio? Sembra uno scenario apocalittico, ma negli sport statunitensi è successo. La mia speranza è che invece si sviluppi un percorso inverso, di recupero d'identità. L'identità aiuta a vincere e lo dimostrano storie sportive come il Barcellona, costruito attorno a un gruppo di giocatori cresciuti lì, o la Juventus, quasi da sempre in mano alla stessa famiglia".

Dovesse descrivere con un aggettivo l'anima delle tre grandi squadre del nord in cui ha giocato?

"La Juve, ordinata. Sono arrivato prevenuto e sono andato via con dispiacere. Ho trovato una società snella, magazzinieri che erano lì da quarant'anni, un clima familiare. Il primo Milan, ai tempi della Serie B, confusionario. A Milanello per far cassa Farina organizzava matrimoni, mentre noi giocavamo! Ci allenavamo e intanto suonava l'orchestrina per gli sposi. Il Milan di Berlusconi, invece, strepitoso. Non mi viene in mente un aggettivo migliore. Lo staff medico era andato a formarsi a Chicago dai Bulls, che non avevano mai un infortunio. L'Inter di Trapattoni la definirei moderna. Allenatore, società e calciatori erano connessi, uniti, una cosa sola".

Fra i centravanti di oggi in chi si rivede?

"Mi riconoscevo in Luca Toni, ma non gioca più. E mentalmente in Mandzukic, che alla Juve si dava completamente, menava, le prendeva, si faceva sentire. Oppure Dzeko, per l'abitudine a fare assist per i compagni. Anche se lui ha una tecnica da 10, io mi fermavo a 7 o 7.5. Oggi comunque gli attaccanti sono più completi di come eravamo noi. Penso a Lautaro, Lukaku, Dybala".

Il gol a cui è più affezionato?

"Con la maglia dell'Inter, di testa contro il nell''88 - '89 di testa. Il mercoledì avevamo perso col Bayern Monaco, stampa e tifosi ci criticavano, prevedevano che avremmo avuto il classico calo invernale dell'Inter. Tutti puntavano sul Milan di Sacchi, che peraltro giocava in casa. Ci si aspettava un nostro passo falso, invece no. Fu una vittoria importantissima. L'assist lo fece Bergomi".

Nicola Berti di assist gliene faceva?

"Lui dice di sì, ma in verità gliene facevo di più io! Diciamo che è grazie a lui se ho conosciuto mia moglie, quello è vero. Ero già grande, eravamo davanti a un bar in zona Garibaldi a Milano. Ma anche quello non può considerarsi un assist. A essere sinceri, più che presentarmela, con lei ci provava anche lui".

Berti ha fama di festaiolo, lei di morigerato, eppure eravate e siete amicissimi.

"È così. Lui era molto esuberante, io tranquillo. Lui aveva bisogno di qualcuno che lo frenasse un po', io al contrario cercavo leggerezza. Per me è stato importante conoscerlo e gliene sarò sempre grato".

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