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Stankovic jr: “Sogno di giocare nell’Inter allenato da papà. Lukaku una macchina”

Andrea Della Sala

Il portiere del Volendam ma di proprietà dell'Inter ha parlato della sua carriera e della volontà di tornare in nerazzurro: 

Intervistato da Gazzetta.it, il portiere del Volendam ma di proprietà dell'Inter ha parlato della sua carriera e della volontà di tornare in nerazzurro:

"Siamo primi, vogliamo la promozione". 

Anche grazie ai consigli di papà.

"Un esempio. Da bambino lo guardavo e pensavo 'wow, voglio essere come lui'. Avere la sua vita, il suo carattere, la sua voglia. Solo ora mi rendo conto di ciò che è stato. Ad Appiano la sua traccia è indelebile, quando cammini nel centro sportivo si sente che c'è stato Dejan Stankovic".

Quando parlate che le dice?

"Di tenere botta. I primi mesi sono stati tosti, mi sono fatto male alla caviglia alla seconda partita e sono rimasto fuori due mesi. Lui, con un’insolita calma zen, mi ha detto di stare tranquillo. 'Arriverà il tuo momento'. E infatti così è stato: ho parato due rigori e siamo primi in classifica".

In Olanda ha trovato un bell’ambiente.

"Si lavora tanto. Io vivo ad Amsterdam, spesso la mia fidanzata mi raggiunge da Milano e stiamo insieme. Oristanio, invece, sta a Volendam. Siamo i due ragazzi in prestito dall’Inter, ci vediamo spesso. Lo aiuto con l’inglese, anche perché l’olandese è impossibile da imparare. So dire giusto due o tre parole".

Segue sempre l'Inter?

"Certo, tutte le partite. Una settimana fa ero in ginocchio a casa, pregando che Lautaro segnasse un altro gol contro il Liverpool".

Cosa rappresentano per lei i nerazzurri?

"Un sentimento. Casa, famiglia, il campionato Primavera vinto l'anno scorso. Mio fratello Stefan ha giocato un po’, ma ora ha smesso. Aleksandar, invece, è nelle giovanili. Ha 16 anni e fa il centrocampista. Somiglia a nostro padre. Quando calcia mette le dita come le metteva lui, assurdo".

Il suo idolo tra i pali?

"Julio Cesar. L’ho anche incontrato, mi ha regalato i guanti. La prima volta che è venuto a cena a casa nostra è stata un’emozione indimenticabile. Papà mi guarda e fa, 'Filip, vestiti bene, stasera viene Julio'. Io impietrito. Un sogno".

Cosa ha imparato da Handanovic?

"Non è uno che parla molto, ti basta guardarlo. È ancora il primo ad arrivare e l’ultimo ad andarsene. Somiglia a papà. A volte, quando ero stanco, lo vedevo lì sul pezzo, a duemila all’ora e mi dicevo 'no, tu non puoi. Hai vent’anni e sei già stanco? Non esiste'. Mi ha spronato a migliorare, lo ammiro".

Lukaku quanti gol le ha segnato?

Sorride. "Parecchi, ma uno sfizio me lo sono tolto. Cross dalla destra, lui schiaccia di testa sul primo palo e io mi allungo in tuffo, mandando la palla in angolo. A fine allenamento ci teneva un’ora in più per calciare in porta: destro, sinistro, una macchina. Non si vede la differenza".

Il suo cassetto quanti sogni ha?

"Quattro. Intanto voglio vincere a Volendam, poi giocare nell’Inter, giocare insieme a mio fratello ed essere allenato da papà. Quando ha vinto la Champions ero a Madrid, ho baciato la coppa, ripetere un 10% di ciò che ha fatto lui sarebbe magnifico".