copertina

Cordoba: “Inter, sono pronto a tornare. Suning investa alla Moratti. Mancini? Quei cambi…”

Daniele Mari

L'ex team manager si candida per un posto in società: "Io abito a Como e sono a disposizione. Se succedesse, sarebbe bello"

Ivan Ramiro Cordoba si propone. L'ex bandiera nerazzurra, già team manager, si candida per un ruolo dirigenziale con Suning, in una lunga intervista alla Gazzetta dello Sport: «Mi piacerebbe molto poter contribuire al bene della mia squadra del cuore. Con l’ingresso di Suning, ora c’è un inevitabile momento di transizione. Vorranno capire più a fondo le varie problematiche. Io abito a Como e sono a disposizione. Se succedesse, sarebbe bello. L’arrivo dei cinesi sarà positivo se faranno come Moratti e investiranno per costruire una squadra più competitiva. Presto si capiranno le loro vere intenzioni».

CAMPIONATO COSI' COSI' -  «E’ stato ed è tuttora un momento particolare per la società. L’acquisto di Thohir, ora la vendita ai cinesi. E’ inevitabile che questo senso di instabilità si sia ripercosso anche a livello sportivo: difficile non avvertirlo pure nello spogliatoio».

MANCINI - «Il mister vuole che le sue squadre giochino quasi a memoria. E nella passata stagione, come si è visto, non c’è mai stata una formazione tipo. Conoscendo Mancini è difficile spiegarselo, perché la sua forza è sempre stata quella di trovare un nucleo di 11-14 giocatori su cui puntare. Evidentemente alcuni di questi elementi non sono stati in grado di dare le risposte che lui si aspettava».

BONUCCI - «Gli è servita molto proprio la carriera giovanile da noi. Era nella Primavera, era davvero molto bravo. Un peccato che non sia rimasto: il fatto è che nessuno ha colto le sue potenzialità. Gli parlavo spesso e magari l’ho anche aiutato. Ora ha una fiducia nei suoi mezzi smisurata, decisiva per far bene».

BALOTELLI - «Probabilmente ha avuto sempre un entourage che lo ha consigliato male. Rimane ancora un ragazzino, non è riuscito a fare il cambio necessario nella sua testa. Il Il talento e basta non è sufficiente, questo ormai è evidente».

ALLENATORI DECISIVI - «Ho imparato tantissimo da Cuper, Mancini, Mourinho e Leonardo. Mourinho è il più bravo perché ha un metodo che nessuno riesce a duplicare. Tutti possono usare le sue idee tattiche, ma non gestire il gruppo come fa lui. Nel gioco e fuori dal campo. Tutti i suoi allenamenti sono con il pallone, la cosa che piace di più a noi calciatori. E poi ti dà sempre una possibilità, ma ti devi fare trovare pronto. Spesso te ne concede una seconda, insomma, non è uno che ti accantona o ti taglia. Avevamo un ottimo rapporto, di quelli franchi fra uomini veri. Abbiamo anche litigato, ma sapeva che certe mie critiche erano giuste e finiva per apprezzarle».

L'AVVERSARIO PIU' TOSTO - «Ronaldo, il Fenomeno. Imprevedibile. Con lui dovevi indovinare le sue mosse o provare ad anticiparlo. O se no commettere fallo. Molto forte anche Ibra. Ma con la mia rapidità, riuscivo a prendergli il tempo. Ricordo con nostalgia i duelli con Shevchenko »

MOMENTI BELLI - «Il Triplete e il gol decisivo nella finale della Copp a America 2001. Ma fra le emozioni più forti c’è il primo trionfo con le giovanili del Rio Negro, la mia squadra da ragazzino. Avevo 15 anni e non sapevo che cosa significasse vincere. E quando lo capisci non vorresti fermarti più. Non mi sono fermato. Era l’unica cosa che avevo in testa. Mi allenavo più ore di tutti: è così che ho superato compagni magari più dotati di me».