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Sacchi: “La Juve vince da sempre in Italia ma mai in Europa: consiglio di…”

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Arrigo Sacchi, ai microfoni de La Gazzetta dello Sport, ha analizzato l'eliminazione della Juventus dalla Champions League

Matteo Pifferi

Nel corso di un'ampia intervista concessa a La Gazzetta dello Sport, Arrigo Sacchi ha commentato così la prematura eliminazione della Juventus dalla Champions League.

Si aspettava l’eliminazione della Juve?

«No, mi ha sorpreso. Speravo ovviamente che passasse e confidavo ci riuscisse dopo aver apprezzato il secondo tempo della partita con la Lazio in cui mi ero divertito a vederla. Avevo pensato: se gioca col Porto con la stessa intensità passa il turno».

E invece che è successo?

«Quello che è successo in tutta la stagione, fatta eccezione per la ripresa contro la Lazio... Sono mancati intensità, gioco corale, capacità di attaccare e difendere in 11. E arrivo a dire, anche se può sembrare assurdo in una partita così importante, le motivazioni. Difficile diversamente spiegare l’incapacità di approfittare della superiorità numerica per 70' tra tempi regolamentari e supplementari».

Il Porto è stato sottovalutato?

«Temo di sì. Non è un top club europeo al momento, ma è una squadra molto organizzata, si muove in modo corale, armonico, esce sempre palla al piede, ha palleggiatori e giocatori tecnici funzionali all’idea di calcio che vogliono proporre. In più ci hanno messo grandi motivazioni e coraggio. Se non sei organizzato e non sai sempre cosa fare, non passi il turno giocando due terzi di gara in inferiorità numerica, per colpa di una sciocchezza. Ma non bastano le tue qualità, devono esserci anche i limiti altrui. Il comportamento della barriera juventina sul 2-2 è la sintesi del discorso sulle motivazioni, lo spirito di squadra, il fare le cose insieme».

Non mi dirà che il calcio portoghese è migliore del nostro...

«Le dico che il calcio portoghese sta crescendo, al contrario del nostro. In Portogallo, come in Spagna, in Olanda, in Sudamerica e nel resto del mondo le emozioni, lo spettacolo, il giocar bene sono componenti essenziali. Da noi no: abbiamo una storia calcistica che ci condanna. All’estero si gioca un calcio totalmente diverso da quello che si gioca in Italia. Nel mondo, è uno sport di squadra e offensivo, da noi è in generale individuale e difensivo».

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Ronaldo è stato acquistato, sballando il bilancio, per la Champions. E invece...

«È come la matematica: 1 per 1 fa sempre 1. Mentre 1 per 10 fa 10. Il calcio è uno sport di squadra. Ronaldo fa... il Ronaldo, ma se ti affidi così tanto a un singolo e lui fallisce la partita, sono guai. Anche Maradona, che pure è stato il più grande, da solo non ha vinto la Coppa dei Campioni. Da allenatore non ho mai voluto giocatori già affermati perché temevo non contribuissero a fare squadra. Puoi comprarne anche 10 ma se non fanno squadra, non vinci. Ricorda i galacticos del Real? In attacco Beckham, Raul, Ronaldo, Zidane e Figo. In panchina un Pallone d’oro, Owen, e Morientes. La Coppa non l’hanno vinta».

Oggi nel mondo juventino c'è la caccia ai colpevoli.

«Non mi piace partecipare ai processi. Dico solo che nel bene come nel male nel calcio prima di tutto viene la società con la sua storia, le sue visioni, le sue competenze, il suo stile e le sue norme. Poi viene la squadra, compreso l’allenatore ovviamente. E ultimo il singolo».

Pirlo: si temeva fosse un rischio la sua inesperienza.

«Fatico a giudicare Pirlo. Perché non so se ha fatto delle richieste per l’idea che aveva in testa o pur di allenare la Juve ha accettato tutto, col rischio di bruciarsi. Lo scorso anno si è passati da Allegri a Sarri, due tecnici bravissimi, totalmente diversi, mantenendo la stessa squadra. Non è coerente...».

Cosa consiglia alla Juve?

«Di scegliere un allenatore che abbia una idea di gioco: che voglia proporre un calcio di squadra e offensivo. Poi gli chiariscano quale è il budget a disposizione e seguano le sue indicazioni per acquisti e cessioni. Comprando giocatori che siano affidabili, funzionali a quelle idee, abbiano motivazioni forti. La Juve vince da sempre in Italia ma non in Europa dove si gioca un calcio diverso. E se non cambia continuerà a non vincere».

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