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ANALISI – Blackout a San Siro: gioiscono i nemici. Serve un Mancio più stoico

Non vedevano l’ora. Le cinque vittorie consecutive li avevano spinti sull’orlo della disperazione, condannati a sparire da chat e social, rinchiudersi in casa in attesa del momento propizio. Ed ora sono tutti lì, in prima fila, pronti...

Daniele Vitiello

Non vedevano l'ora. Le cinque vittorie consecutive li avevano spinti sull'orlo della disperazione, condannati a sparire da chat e social, rinchiudersi in casa in attesa del momento propizio. Ed ora sono tutti lì, in prima fila, pronti a vomitare senza soluzione di continuità la rabbia accumulata in queste settimane per il sorprendente inizio di stagione nerazzurro. Serata da incubo per l'Inter, da incorniciare per il resto d'Italia. Il partito dei nemici è tornato in vita dopo la scoppola di ieri sera subita dalla squadra di Mancini, dalla quale estrarrà linfa vitale per almeno un'altra settimana. E' il gioco delle parti, ad Appiano Gentile sono ormai abituati e sono pronti a voltare pagina. Non prima, però, di aver analizzato al meglio i motivi della catastrofe. 

PER COLPA DI CHI? - C'era da scommettere sulla scelta di Samir Handanovic di andare davanti ai microfoni per assumersi tutte le responsabilità del tracollo, iniziato proprio dall'errore del portiere che ha portato al calcio di rigore per la Fiorentina. In quanto a carattere e determinazione lo sloveno non ha nulla da invidiare a nessuno. Alzare la mano e fare mea culpa denota grande personalità e umiltà allo stesso tempo, ma è giusto che tutte le colpe siano da addossare a quell'episodio? La verità è che una grande squadra ha il dovere, soprattutto davanti al suo pubblico, di rialzarsi immediatamente e tentare di azzannare alla giugulare gli avversari per riprendersi ciò che le spetta. Così non è stato e l'Inter ha fallito la prova del sei.

BLACKOUT A SAN SIRO - La verità è che 87 minuti sono più che sufficienti per ribaltare uno svantaggio di misura, soprattutto per chi nell'arco ha frecce abbastanza affilate per poter ferire chiunque. Una serata storta, non c'è che dire, dimostrazione pratica che in qualche occasione la legge di Murphy sembra non poter essere aggirata in alcun modo, ma scaricare le responsabilità sul fato beffardo, partendo dall'infortunio di Jovetic, sarebbe ingiusto e scorretto. A San Siro ieri sera è mancata l'elettricità che ha contraddistinto l'inizio di stagione nerazzurro. Questione di grinta, cuore e sacrificio che i nerazzurri sembravano aver dimenticato negli spogliatoi. Ci si può interrogare per ore su schieramento, marcature, responsabilità negli episodi, ma la verità è che a fare la differenza è stato l'atteggiamento, sul quale i nerazzurri hanno preso una bella lezione dai Viola di Paolo Sousa. 

MANCINI - Va anche detto che nel buio più totale il Mancio non ha dato grandissima dimostrazione di lucidità. Indecisione e ripensamenti su modulo, interpreti, sostituzioni e trame non hanno di certo aiutato la squadra. Il tecnico è parso in bambola, insieme al suo staff e la squadra ne ha fortemente risentito. In panchina ci si aspetta di avere un Saggio stoico, capace di esser freddo anche in circostanze al limite, ma ieri Mancini, nonostante la sua esperienza, non lo è stato. In campo uomini confusi su movimenti e zone di campo da occupare e, come sempre avviene in questi casi, a risentirne è stata maggiormente la difesa, composta in larga parte da elementi fuori ruolo. Un po' di turnover in più avrebbe aiutato la squadra, reduce da diversi impegni, a gestire al meglio forze mentali e fisiche. C'è tempo per rimettere a posto le cose e far sì che questa batosta non abbia gli stessi effetti di quella col Cagliari di appena un anno fa, con identico passivo a sfavore della Beneamata.