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CorSera – Guerra dei tamponi, la Lazio si comporta diversamente. Altri club indispettiti

Daniele Vitiello

Il Corriere della Sera spiega da dove nascono le divergenze tra i test effettuati dai biancocelesti e quelli di altri laboratori

Il mondo del calcio è riuscito a litigare anche sui tamponi. Al centro delle polemiche la Lazio di Claudio Lotito per quanto accaduto ad Immobile, Strakosha e Leiva negli ultimi giorni. Il Corriere della Sera spiega: "La guerra dei tamponi è diventata una specie di sfida scientifica con risvolti delicati. Quando un calciatore deve essere definito positivo al Covid-19 e fermato? Al centro della bagarre c’è la Lazio, che ha aperto un fronte: se negli esami viene rilevato solo il gene N, proprio della famiglia coronavirus ma non specificamente del Covid-19, il medico della società di Lotito dà l’autorizzazione affinché vada in campo. Ma la Uefa la pensa in modo diverso e anche la totalità (o quasi) dei club di A non fa distinzioni e, soprattutto, non entra nel merito: quando il centro diagnostico comunica un contagiato, questo viene messo in isolamento, senza approfondire quale gene abbia determinato il risultato".

Si cerca una soluzione che porti allo stesso metro di giudizio per evitare nuove polemiche: "La strada intrapresa da Lotito ha indispettito (eufemismo) i grandi club, e non solo loro. Gran parte dei presidenti ritiene che in questo modo venga screditato il sistema calcio. «Occorre uniformità», ha dichiarato Casasco, presidente dei medici sportivi. Un’esigenza avvertita da tutti. La svolta potrebbe arrivare già oggi, quando si riunirà il Consiglio di Lega. L’intenzione è quella di portare al voto della prossima assemblea una delibera per centralizzare i controlli, affidandone la gestione alla stessa Lega. Forse attraverso la Fmsi (che si è proposta), forse attraverso un’altra struttura. Il progetto è pronto da mesi, è stato bloccato a causa dei costi elevati e della difficoltà di esecuzione. Ora, però, si andrà fino in fondo", spiegano i colleghi.