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Sky chiede maxi-sconto, i club sperano nel Governo: battaglia sui diritti TV. E la ripresa…

A riportarlo è La Gazzetta dello Sport

Matteo Pifferi

"Sulla strada della ripartenza c’è un blocco stradale. Non è chiaro se i lavori in corso occupino tutta la carreggiata o se ci sia uno spazio per passare comunque, ma certo il problema esiste. Sul cartello che induce a rallentare c’è scritto: diritti tv". Apre così l'articolo de La Gazzetta dello Sport in merito alla diatriba tra Lega e broadcaster sulla sesta rata, che Sky, Perform (Dazn) e Img (estero) non intendono pagare. Si parla di 233 mln di euro, cifra che cambiare e non poco le sorti della Serie A.

POSIZIONI

"Da una parte le 18 (su 20) squadre di A che hanno già fatturato la cifra da contratto, dall’altra le tv che si sono rifiutate di pagare. Ognuno ha le sue ragioni per il tira e molla: i club adducono la loro mancanza di responsabilità per la situazione, condizionata da cause di forza maggiore, situazione contrattualmente prevista; le tv sottolineano che tutte le loro proposte per una rinegoziazione sono andate in fumo. Muro contro muro, quindi", ribadisce la Rosea.

DECRETO COME PIANO B

Nell'ultima settimana sono arrivati segnali importanti verso una possibile ripresa del campionato ma è indubbio che i club guardavano e guardano ancora al piano B, ossia all'eventualità di un decreto del Governo di sospensione del campionato, che avrebbe fatto da parafulmine per le società nella diatriba con le TV che, dal canto loro, chiedono uno sconto come accaduto in Germania con effetti sulla prossima stagione. Sconti pesanti, visto che si parla di 120 mln in caso di ripartenza e del doppio in caso di stop definitivo. Numeri che scatenerebbero una battaglia legale ma non solo perché, con stipendi dei calciatori da pagare e polizze assicurative, la ripresa del campionato non sarebbe più un affare dal punto di vista economico. Situazione analoga, però, per uno stop da qui a settembre. "Il partito della ripartenza fra i club è in maggioranza. Robusta ma non schiacciante, perché diverse società sono ancora scettiche", chiosa la Rosea.