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Radovanovic: “Il contagio forse nel viaggio verso Napoli. Rinvio giusto, poco da discutere”

Lunga intervista concessa da Ivan Radovanovic, capitano del Genoa, a La Stampa

Matteo Pifferi

Lunga intervista concessa da Ivan Radovanovic, capitano del Genoa, a La Stampa. Il centrocampista ha parlato della situazione in casa rossoblù, con il focolaio scoppiato qualche giorno fa:

«Ora il Genoa è a terra, dobbiamo pensare a guarire. Dobbiamo pensare alle nostre famiglie. Poi sono sicuro che arriverà il momento in cui il Genoa tornerà, più forte di prima»

Partiamo da sabato scorso, cosa ricorda?

«Ci siamo allenati, Mattia non c’era e poi abbiamo  saputo che era positivo. Dovevamo partire nel pomeriggio e invece la partenza è stata rimandata alla mattina dopo. Prima abbiamo fatto due cicli di tamponi. A pranzo ero seduto vicino a Schone, abbiamo parlato a lungo in inglese. Poi il giorno dopo è venuto fuori che anche lui era positivo. Siamo partiti per Napoli, siamo rientrati alla sera.E quando sono arrivato a casa ho iniziato a non sentirmi bene. Ma pensavo fosse solo una mia idea, in fondo sapevo che c’erano stati un paio di positivi e allora poteva essere solo un fatto mentale. Invece…».

Poi cos’è successo?

«Lunedì mattina abbiamo fatto i tamponi e i test sierologici, poi la febbre ha iniziato a salire. Avevo tutti i sintomi: mal di testa, tosse, mal di gola. I test non hanno evidenziato nulla, alla sera mi ha chiamato il dottore e mi ha detto che ero positivo. Che lo erano anche altri miei compagni e lui stesso».

Cosa ha provato?

«Un po’ di preoccupazione, perché si tratta di un virus nuovo e non sai come potrà reagire il tuo corpo. Ho avuto l’influenza ma questo non è paragonabile, è cinque volte più pesante. Sono un atleta ma mi sono trovato a pezzi. Per questo dico alla gente di stare attenta, serve prudenza perché il virus può colpire chiunque».

Anche i calciatori, tra i più controllati.

«Colpisce tutti, perché siamo uomini come tutti gli altri e non dei privilegiati. I soldi o la fama non c’entrano. Quando ci cambiamo nello spogliatoio siamo in trenta, viviamo insieme buona parte della giornata e quindi rischiamo come in qualunque luogo di lavoro. Siamo molto controllati, è vero. Ma il rischio esiste e noi siamo stati sfortunati. Probabilmente abbiamo pagato il viaggio per Napoli, tra pullman, aereo e hotel».

A Napoli avete avuto qualche segnale del contagio?

«Quando siamo partiti i tamponi erano negativi. Certo non è stata una vigilia facile. Alla mattina guardavamo chi scendeva a fare colazione, era il segnale che poteva partire. Non abbiamo visto

Schone e ho pensato: “Sono stato a parlare con lui a tavola, speriamo bene”. Il pensiero c’era ma poi la partita è andata così: un buon primo tempo, poi il crollo nella ripresa. Può essere stato un

crollo fisico, con il virus che iniziava a entrare in circolo: nessuno lo sa».

Come stanno gli altri?

«Purtroppo sono venuti fuori altri positivi, anche nel Napoli, ma in generale tutti meglio. Ci sentiamo spesso durante il giorno, con Mattia abbiamo scherzato ma la verità è che non sappiamo come sono andate le cose e poco importa. Sono convinto che da questa sfortuna nascerà una squadra più forte. E penso già a quando potremo tornare ad allenarci».

Sapete quando?

«È ancora presto, spero la settimana prossima di riuscire a iniziare ad allenarmi in casa. Saremo molto penalizzati ma non è il momento di pensarci, sono sicuro che saremo in grado di superare anche questa».

«È giusto così, c’era poco da discutere. È prima di tutto un problema di salute, nostro e degli avversari».