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Marotta: “Lautaro? Inter compra, non vende. Coi giovani non si vince, serve mix. Nainggolan è…”

Marco Astori

Come avete vissuto questi mesi di stop e questa ripartenza che sta prendendo forma?

"Devo dire che da parte mia c’è stata grande preoccupazione, soprattutto perché eravamo in un contesto territoriale particolarmente difficile con la morte che serpeggiava con grande frequenza. Credo fosse normale essere preoccupati. Lo sport è un viatico della vita, riprendere l’attività servirà anche per cercare di dimenticare questi momenti brutti".

Ieri c’è stato il Consiglio federale che ha deciso per playoff e playout e per l’algoritmo come piano C in caso di nuovo stop del campionato. Il presidente Gravina ha detto che è stata una vittoria del calcio, come commenta le sue parole?

Non ci sono vincitori o sconfitti, la situazione è stata abbastanza anomala. Come Serie A siamo stati messi dietro alla lavagna e abbiamo preso uno schiaffo morale, perdendo una nostra rivendicazione: 3 voti contrari alla delibera e 18 a favore è un chiaro segnale. Il mondo del calcio ha bisogno di rivedere tutto il sistema di governance che forse non rispecchia il peso specifico del  nostro campionato.

Come si cambia?

Non critico gli uomini. Gravina è un dirigente di grande esperienza e competenza e io lo stimo. Invece critico il sistema di governo nel calcio in Italia, ancorato a una volontà decisionale che spetta a tante, forse troppe, componenti. Credo che la Serie A abbia bisogno di sua autonomia molto simile a quello che succede in Premier League, che garantisce poi per tutto il sistema rispettando valenza e obiettivo sociale degli altri campionati.

Facciamo un passo indietro. Ci sono state tante polemiche nei mesi scorsi per come è stato gestita la fase di studio della ripartenza? Si poteva fare tutto in maniera più serena?

Credo di sì e faccio autocritica. Noi dell’Inter abbiamo parlato poco per rispetto della pandemia e della preoccupazione per quello che stava accadendo. Un silenzio di forte preoccupazione per tutti noi che rispecchiava il sentimento del nostro pur giovane presidente, il cui primo pensiero è sempre stato quello di mettere in sicurezza tutti i circa mille dipendenti dell’Inter. Credo che servisse maggiore sensibilità di quella che c’è stata, soprattutto nelle dichiarazioni. La finestra mediatica offerta da questa pandemia non doveva essere interpretata come uno spazio di scontro tra fazioni, ma valutata in termini di analisi di uno scenario che non tocca solo questa stagione ma anche le prossime due, sia per il calendario ma anche per l’impatto economico di questo blocco forzato.

Per manifestare la propria preoccupazione, due mesi fa Zhang ha usato toni molto duri, criticati da qualcuno. Vi hanno chiesto scusa?

Steven all’inizio è stato mal compreso, la sua esternazione è stata solo frutto della forte preoccupazione per quanto stava accadendo in Italia in relazione a quanto era già successo in Cina. Preoccupazione e allarmismo verso una situazione che poteva degenerare, come poi è avvenuto, da un momento all’altro. Voglio ricordare quanto erano forti i nostri dubbi sul giocare la partita contro la Juventus a porte aperte. Quello è stato un segno premonitore lanciato dal nostro presidente di una situazione che poi è degenerata in una epidemia con migliaia di morti.

Si ripartirà dalla Coppa Italia, nella quale sarete chiamati a una rimonta sul Napoli. C’è stato un po’ di disappunto per il calendario fitto? Manderete la squadra Primavera al San Paolo in Coppa Italia?

Anche su questo abbiamo manifestato il nostro pensiero critico verso un contesto più generale rappresentato dal mondo del calcio. Volevamo mandare un messaggio: si parte solo se in totale sicurezza, garanti per i nostri giocatori e per i nostri dipendenti. Ora c’è e quindi è giusto riprendere. Nel migliore dei modi, per mezzo di un protocollo redatto dal Ministero della salute grazie anche alla Lega Calcio: se lo rispettiamo possiamo avventurarci con meno preoccupazione in questo strano e particolare epilogo. Che, però, porta a una riflessione ulteriore. In un mese e mezzo dobbiamo fare 15 partite, Getafe compreso, cosa che comporterà certamente stress agonistico e mentale oltre all’elevato rischio che i giocatori si facciano male a causa dei tanti impegni al termine di un lungo periodo di sosta forzata, al quale nessun giocatore è mai stato abituato. Il bilancio lo faremo solo alla fine, ma credo che questa preoccupazione sia assolutamente legittima.

Che ne pensa della possibilità playoff e del fattore algoritmo?

Quella dei playoff e dei playout la vedo come situazione remota ed estrema. Sono convinto che partendo il 20 giugno avremo molte possibilità di portare a termine il campionato. In questo contesto italiano di grande difficoltà legata all’emergenza Covid capisco molto bene l’apprensione del nostro governo nel compilare un protocollo che doveva essere rigidissimo e imporre la quarantena in caso di un calciatore positivo. Questo forse è un limite, ma rappresenta un momento molto difficile. Speriamo che il buon Dio ci assista e ci faccia concludere il campionato in maniera naturale.

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