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Retegui: “L’Italia un sogno. Inter? Concentrato sul Tigre, se ne sta occupando mio padre”

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L'attaccante dell'Italia e del Tigre, intervistato da La Gazzetta dello Sport ha parlato della Nazionale, ma anche del suo futuro

Andrea Della Sala

L'attaccante dell'Italia e del Tigre Mateo Retegui, intervistato da La Gazzetta dello Sport ha parlato della Nazionale, ma anche del suo futuro. Dopo i primi due gol con la maglia dell'Italia si sono moltiplicate le voci di club a lui interessati. L'Inter lo segue con grande attenzione e nel suo futuro potrebbe esserci proprio l'Italia

Lei è forte di testa, destro, sinistro. Qual è il suo colpo migliore?

—  

«A me non piace descrivermi, preferisco che siano gli altri a farlo. Sono molto autocritico con me stesso e lavoro forte per migliorarmi, perché a livello fisico come mentale, puoi sempre provare a fare qualcosa di più. Il mio mantra è che le mie virtù siano sempre migliori e che i miei difetti divengano virtù. L’obiettivo in campo è che ogni cosa che faccio sia la più naturale possibile».

Cos’è la pressione, per lei?

—  

«Qualcosa che amo, che cerco. Non mi fa paura, anzi. Più pressione ho addosso e meglio reagisco».

Lei è stato il capocannoniere del campionato 2022: perché il Boca, che è comproprietario del suo cartellino, non l’ha voluta?

—  

«È la prima volta che lo racconto: il contratto con il Tigre è di due anni, ma il Boca lo scorso novembre aveva l’opzione per richiedermi. Però non si è fatto sentire nessuno. Alla ripresa degli allenamenti a fine dicembre ho parlato con Diego Martinez (l’allenatore; n.d.r.), dicendogli che il Tigre per me è più di un club e che, a meno che la società per motivi economici non avesse accettato un’offerta dall’estero, sarei voluto rimanere. Poi a gennaio, poco prima dell’inizio del campionato, Hugo Ibarra (fino a una settimana fa allenatore del Boca; n.d.r.) mi ha detto che era interessato a me già per questa stagione, ma io avevo già dato la parola al Tigre. Per rispetto verso il presidente, tutta la società, Martinez e i miei compagni, a quel punto avrei accettato solo di andare all’estero».

E con la Nazionale italiana come è cominciato tutto?

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«Un giorno a inizio anno stavo tornando da un allenamento e papà mi chiama per dirmi che aveva una notizia molto importante. Ma non mi sarei mai immaginato una cosa così, nemmeno nel più bello dei sogni avrei potuto pensare di giocare per l’Italia, a Napoli, nello stadio che porta il nome di Diego Armando Maradona. Non appena papà mi ha detto che Roberto (Mancini; n.d.r.) mi voleva, il mio sì è arrivato velocissimo, non c’era molto da pensarci».

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Ha parlato con Mancini prima di venire in Italia?

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«No, lo ha fatto solo mio papà. Con Roberto abbiamo poi parlato tanto a Coverciano, soprattutto di tattica e di come lui intende giocare. Devo ringraziare lui, tutto lo staff tecnico e i miei compagni per come mi hanno accolto e fatto sentire. Non mi sarei mai immaginato di vivere tutto questo. Ho provato a sfruttare al massimo ogni giorno per conoscere l’ambiente e iniziare a capire meglio il calcio europeo, che è molto diverso da quello argentino: è più veloce, dinamico, intenso. Si adatta a me, mi piace molto. Adesso l’obiettivo è di prepararmi ancora meglio a livello fisico e mentale se l’Italia mi dovesse richiamare».

Che idea si è fatto dell’Italia?

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«Ottima. È una squadra dura, molto fisica, mi piace molto. So che adesso tanti hanno molte aspettative su di me, ma io ne ho altrettante di giocare per quella squadra».

Ha un giocatore a cui si ispira?

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«Tanti che guardo e che ammiro. Haaland del Manchester City è uno di quelli, un 9 letale che mi piace tantissimo. Poi Lewandowski, Ibrahimovic, sono tutti molto completi. E sono dei leader».

Lei è un leader?

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«Uff, domanda difficile questa: nel Tigre ci sono giocatori di grande carisma e storia, penso a Seba Prediger, Gonzalo Marinelli o il “Pato” Galmarini, che si è ritirato da poco: loro sono un esempio da seguire, fondamentali. Mi piacerebbe essere considerato uguale, ma non sono io a doverlo dire».

Intanto nel tempo libero deve cominciare a studiare italiano.

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«Lo sto già facendo. In realtà lo capisco perfettamente e lo parlo già. Ma siccome sono un perfezionista, mi vergogno a farmi sentire fino a che non lo parlerò davvero bene. Lo stesso per l’inglese».

Poi in estate arriverà la chiamata dall’Europa.

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«Sì, il presidente Melaraña ha detto che a luglio potrebbe essere probabile che io venga ceduto. A me piace molto l’idea, è un sogno per tutti quelli che giocano a calcio, i più grandi sono in Europa».

Italia Retegui

Per quale squadra italiana tifa?

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Sorride. «Ah, tante. Ci sono grandissimi club, mi piacciono tutti».

Non ce n’è uno a cui guarda con più attenzione? Si parla dell’Inter molto interessata a prenderla.

—  

Il sorriso si allarga ancora di più. «Non c’è niente di concreto e non so cosa stia succedendo, è papà che si sta occupando del futuro. Io con la testa sono al 100% sul Tigre. Giovedì (la notte scorsa; n.d.r.) esordiamo nella Copa Sudamericana (la nostra Europa League; n.d.r.) in casa contro i brasiliani del San Paolo, poi domenica saremo in trasferta contro il Godoy Cruz. La mia attenzione è tutta qui».

Se in Argentina il derby è tra Boca e River, in Italia c’è quello tra Inter e Milan, che stanno pensando a lei.

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«Non so se sia vero. Ripeto, se ne sta occupando mio papà con i dirigenti del Tigre».

E poi c’è interesse anche dalla Premier League, dalla Liga… In che campionato le piacerebbe giocare?

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«Dove sia meglio per me. Mi piacerebbe molto venire in Italia, ma è ancora molto presto. Però sarebbe bellissimo diventare un protagonista del campionato, uno che segna tanti gol. Come mi piacerebbe segnarne tanti anche per l’Italia, una delle nazionali più importanti della storia».

Magari già il 15 giugno, semifinale di Nations League contro la Spagna.

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«Io so solo che muoio dalla voglia di esserci, ma è Roberto che deve deciderlo».

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