Alessandro De Calò, editorialista de La Gazzetta dello Sport, sulla Rosea presenta così Inter-Juventus di domani sera
Alessandro De Calò, editorialista de La Gazzetta dello Sport, sulla Rosea presenta così Inter-Juventus di domani sera:
"Nel cuore di “Perfect days”, capolavoro bonsai di Wim Wenders, il protagonista dice alla giovane nipote che «un’altra volta è un’altra volta, mentre adesso è adesso». Parole semplici ma non banali che lei ripete come un mantra, spingendo i piedi sui pedali della bici che scivola via lungo un ponte. In qualche modo, nell’ultimo weekend di campionato, Simone Inzaghi e Max Allegri si erano trovati a preservare per “un’altra volta” alcuni dei loro giocatori più preziosi. Le ragioni erano diverse, ma in ogni caso c’è stato il tempo per tirarli a lucido pensando alla sfida-scudetto di domani sera a San Siro. Ora per Calhanoglu, Barella, Dimarco da una parte e Rabiot, Chiesa, Danilo dall’altra, il momento è arrivato. Dunque, «adesso è adesso». Senza questi uomini-chiave, i nerazzurri erano riusciti a cavarsela meglio degli antagonisti. Il turno sembrava inclinato verso la Juve, impegnata in casa con l’Empoli, rispetto all’Inter che doveva giocare a Firenze. Invece il confronto a distanza, segnato dalla partita di domani, aveva ribaltato la classifica, con qualche ricaduta psicologica. Ora Inzaghi se la gioca con la “Golden Pin” all’occhiello, perché deve recuperare il match con l’Atalanta che potrebbe valere quattro punti di vantaggio sui bianconeri. La vittoria a San Siro, dunque, potrebbe spingere l’Inter a più sette sui rivali, con uno strappo di difficile rammendo. Domani si troveranno davanti due difese molto forti, le meno bucate della A (10 e 13 gol al passivo), dunque è normale che Lautaro e Vlahovic siano le facce da copertina della sfida. Però i sei giocatori-chiave che tornano a disposizione di Inzaghi e Allegri costituiscono le colonne vertebrali, fondamentali per sostenere e assistere i due bomber, l’argentino e il serbo"
"Calhanoglu, in particolare, e Rabiot danno l’impressione di essere i due perni attorno ai quali molto ruota e tutto dipende. Giocano in ruoli diversi, eppure condividono un po’ di cose. Entrambi hanno avuto un impatto complicato con il calcio italiano. Accompagnati da molte aspettative, inizialmente hanno più deluso che convinto, portandosi addosso l’ombra di qualche enigma e gli spigoli di una difficile collocazione. Calha aveva fatto un primo salto di qualità passando dal Milan all’Inter. In nerazzurro, Inzaghi aveva cominciato a spenderlo come faceva con Luis Alberto nella sua Lazio: mezzala creativa, capace di dribblare, abitare le interlinee, assistere e andare al tiro. Meno responsabilità sulle spalle e più fiducia nelle giocate l’avevano aiutato a crescere. Poi, lo step decisivo era nato da una necessità, quella di sostituire l’infortunato Brozovic in cabina di regia. Qui Calhanoglu ha trovato la sua dimensione piena. Anche i numeri – palle recuperate, precisione nei passaggi, duelli vinti, occasioni da gol create – rendono l’idea di quanto il turco sia un giocatore dominante, il centrocampista più forte della Serie A (implacabile anche dal dischetto) e uno dei top in Europa. Nella Juve, Adrien Rabiot è altrettanto fondamentale per Allegri, anche se rimane un po’ defilato in un solco meno centrale. Del resto il francese a un certo punto aveva rinunciato alla nazionale di Deschamps – prima di ritrovarla felicemente – perché non voleva giocare da regista basso davanti alla difesa. Rabiot è un gigante che ha bisogno di praterie libere per esaltare la potenza della falcata assieme ai ricami della sua tecnica"