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Inter affamata e indomita, non perde mai la testa. E Inzaghi ha il suo nuovo Julio Cruz

Inter affamata e indomita, non perde mai la testa. E Inzaghi ha il suo nuovo Julio Cruz - immagine 1
L'Inter, a immagine e somiglianza di Inzaghi, continua a volare. Spietata come non mai
Sabine Bertagna Vice direttore 

Mancano pochi secondi al fischio finale di Udinese-Inter, partita dallo spirito antico, e tutta la panchina è in piedi al limite del campo. I giocatori, lo staff, tutti uniti a spingere il tempo verso l'agognato tassello di un traguardo che sembra sempre più vicino. Simone Inzaghi è un elemento a parte, che macina metri avanti e indietro senza levare gli occhi dai suoi giocatori. Accompagna i passaggi, urla indicazioni, è il comandante che non si ferma fino a quando la battaglia non decreta il vincitore. È la sua Inter, fatta a sua misura e somiglianza. Paziente e mai doma. Affamata ma dai lineamenti gentili, che forse a volte confondono gli avversari. Non c'è nulla di gentile - infatti - nel gioco aggressivo di questo gruppo. Ha imparato a soffrire e ora, in questo particolare frangente del campionato, sta accettando le sue stanchezze. Ma non soccombe. Non perde la testa. La testa è lì, fissa alla prossima partita. "Nessuna tabella, nessun record", ha ricordato Inzaghi ieri nel post partita. Pensiamo al Cagliari.

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Ci vuole sangue freddo per calciare un rigore come quello che Hakan Calhanoglu ha spedito nell'angolino della rete con tutta la forza necessaria a non lasciare margine all'errore. Per la prima volta il centrocampista turco ammette di aver sentito un po' di pressione. Quella pressione fatta di consapevolezza non ha tradito l'Inter, ieri sera. I nerazzurri di Inzaghi si sono trovati a dover rimontare un errore insolito. Un infortunio, lo ha definito il tecnico. E se ieri quella palla che rotolava lentamente in rete ha strappato immagini di stupore e altre cose irripetibili ai tifosi che guardavano la partita, dobbiamo anche ricordare che si è trattato di un'eccezione. Quante sbavature pesanti ricordate di questa stagione? Incertezze? Amnesie? Ci ha abituati bene, l'Inter di Inzaghi. E dopo la lezione della sofferenza, quella che ha insegnato ai giocatori a non scappare dalle difficoltà ma ad abitarci per lunghi momenti della partita, senza impazzire, ecco dopo la lezione della sofferenza è arrivata quella della pazienza. La gestione della pressione, di un errore pesante, di una partita che stai perdendo e poi forse pareggiando ma che sai di voler vincere. Anzi, di poter vincere. E lo fai spingendo come fai sempre, senza far saltare le distanze, oliando i movimenti abituali, scalando e arrivando con tantissimi uomini nell'area avversaria. Al 95' raccogli il frutto del tuo lavoro, di tutto quello che hai creato e sognato arrivando fino a qui. Fino a qui, ragazzi.


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I bambini che giocano a calcio dovrebbero chiedersi: che giocatore vorresti essere da grande? E rispondere senza alcuna esitazione, Davide Frattesi. Davide è un bambino che si diverte a giocare a calcio con la ferocia dei grandi. Sorride e scherza in panchina, poi il mister lo chiama e lui corre a riscaldarsi sotto la curva dei suoi tifosi. È lì che Davide entra in partita, esaltandosi con i cori che disegnano nell'aria l'amore per questi colori, preparandosi alla sua guerra quotidiana. A bordo campo, immaginando una palla da buttare dentro come quella sulla quale si è avventato ieri al 95'. Davide è un Julio Cruz ancora più spietato, giovane e affamato come solo i giocatori della sua bellissima specie sanno essere. È un bravo ragazzo, che sogna di portare la nonna sul pullman della sua squadra e che lava i piatti per stemperare la tensione prima di una partita importante. È un giocatore che fa impazzire l'avversario perché se c'è anche solo l'ombra di una possibilità lui in quella possibilità ci si infila come un treno che non fa fermate. Pronto a fare gol. E ad esplodere di una gioia difficile da raccontare. Ha giocato 743 minuti in campionato e di gol ne ha segnati 5 (uno in meno di Rafael Leao, che invece è stato impiegato 2204 minuti: per dire). Non chiamatelo riserva, Davide Frattesi. La rivoluzione di Inzaghi parla chiaro. In questa Inter, che continua a volare, le riserve non esistono.

 

 

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