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Almeyda: “All’Inter depressione e quasi coma. A Parma flebo, ‘favori’ e…bauli!”

Grandi rivelazioni per Matias Almeyda. L’ex centrocampista di Lazio, Inter e Parma si è confessato nel suo libro “Almeyda, anima e vita”: “Per tutta la carriera ho fumato dieci sigarette al giorno. Anche l’alcol è stato...

Daniele Mari

Grandi rivelazioni per Matias Almeyda. L'ex centrocampista di Lazio, Inter e Parma si è confessato nel suo libro "Almeyda, anima e vita": "Per tutta la carriera ho fumato dieci sigarette al giorno. Anche l’alcol è stato un problema. Bruciavo tutto negli allenamenti, ma vivevo al limite. Una volta ad Azul, il mio paese, ho bevuto cinque litri di vino, come fosse CocaCola, e sono finito in una specie di coma etilico. Per smaltire, ho corso per cinque chilometri, finché ho visto il sole che girava. Un dottore mi ha fatto 5 ore di flebo. Sarebbe stato uno scandalo, all’epoca giocavo nell’Inter. Quando mi sono svegliato e ho visto tutta la mia famiglia intorno al letto, ho pensato che fosse il mio funerale".

Almeyda, poi, ripercorre le tappe della sua carriera: "Alla Lazio si è visto l’Almeyda migliore. Ero tra i più bassi, quindi ho allestito una palestra a casa per rinforzarmi, tiravo anche di boxe. Là mi sono fatto tatuare l’indio sul braccio: la mia bisnonna lo era. Andavo all’allenamento con i jeans a pezzi, a volte senza maglietta, con una striscia a legare i capelli lunghissimi: pensavano che fossi proprio un indio. Una giorno mi sono vestito come un gaucho".

Poi il Parma: "Una volta al Parma ho lasciato lo stadio nel baule della macchina dei miei suoceri. C’erano 20 ultrà che mi aspettavano per un gestaccio che avevo fatto. In realtà era stato solo uno sguardo, ma di sfida, dopo che mi avevano urlato qualcosa. Avevo fatto amicizia con un gruppo di rugbisti argentini, che per la gara successiva mi hanno accompagnato al Tardini. Un ultrà grande e grosso mi ha fermato con la pancia: "Devi chiedere scusa ai tifosi". "Non chiederò scusa per qualcosa che non ho fatto", ho risposto sapendo che i miei amici erano pronti a intervenire".

Ma non è quello l'unico "caso" avvenuto in Emilia: "Al Parma ci facevano una flebo prima delle partite. Dicevano che era un composto di vitamine, ma prima di entrare in campo ero capace di saltare fino al soffitto. Il calciatore non fa domande, ma poi, con gli anni, ci sono casi di ex calciatori morti per problemi al cuore, che soffrono di problemi muscolari e altro. Penso che sia la conseguenza delle cose che gli hanno dato".

L'ex centrocampista argentino svela anche dettagli su richieste di "favori": "Sul finire del campionato 2000-01, alcuni compagni del Parma ci hanno detto che i giocatori della Roma volevano che noi perdessimo la partita. Che siccome non giocavamo per nessun obiettivo, era uguale. Io ho detto di no. Sensini, lo stesso. La maggioranza ha risposto così. Ma in campo ho visto che alcuni non correvano come sempre. Allora ho chiesto la sostituzione e me ne sono andato in spogliatoio. Soldi? Non lo so. Loro lo definivano un favore...».

Il periodo all'Inter non è stato un periodo fortunato, tra infortuni e depressione: "La depressione è iniziata proprio a Milano. Due infortuni, troppo tempo senza giocare. Pensavo e pensavo. Un giorno non sentivo più la mano, quello dopo avevo perso la sensibilità nella metà del corpo. All’Inter c’era una psicologa. Mi diagnosticò attacchi di panico e prescritto una cura, ma non le ho dato retta. Ho capito che dovevo fare qualcosa quando mia figlia mi ha disegnato come un leone triste e stanco. Da allora tutti i giorni prendo antidepressivi e ansiolitici. Le chiamo le pillole della bontà, mi fanno essere più buono".