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Asllani: “Mai chiesto di andare via in prestito. Inter, centrocampo top: cresco coi campioni”

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Intervistato da La Gazzetta deo Sport, il centrocampista dell'Inter Asllani ha parlato della prima parte di stagione con la maglia nerazzurra

Andrea Della Sala

Intervistato da La Gazzetta deo Sport, il centrocampista dell'Inter Asllani ha parlato della prima parte di stagione con la maglia nerazzurra:

Asllani, perché ha giocato poco anche dopo l’infortunio di Brozo?

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«Perché devo crescere, migliorare, e perché sono in un centrocampo di campioni. Tutto qui, niente di strano».

Ma si aspettava più minuti nelle gambe?

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«Ero e sono pronto, ma non pensavo avrei giocato chissà quanto, proprio per il livello dei compagni. Ma io sono contento dei miei spezzoni e sono convinto che questo sia il momento di imparare: da Brozovic a Calhanoglu, li considero tutti dei maestri».

Quindi non è vero che ha chiesto la cessione in prestito?

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«Mai, tutto falso. Sono contento qui e voglio rimanerci. Sono stato io a fare questa scelta e la rifarei. Fin dall’inizio sapevo a cosa sarei andato incontro: è tutto parte di un percorso».

Le dà fastidio essere chiamato sempre “vice-Brozo”?

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«Normale all’inizio, ma io lavoro per guadagnare sempre più spazio ed essere ricordato per il nome che porto. Sono semplicemente Asllani, con le mie caratteristiche e i miei difetti. Uno è la fase difensiva perché sono uno a cui piace tanto tenere la palla».

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Ma è regista o mezzala?

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«Ho fatto pure il trequartista, ma mi considero un mediano davanti alla difesa. Andreazzoli è stato fondamentale nel farmi giocare in diverse posizioni, oltre ad essere un maestro, un educatore: ha creduto in me. Inzaghi gli somiglia in questo, fa sentire i giovani parte di un tutto».

Dalla Primavera dell’Empoli all’Inter in un anno: si rischia la vertigine?

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«Appena arrivato, pensavo di avere difficoltà in uno spogliatoio con così tanti nomi importanti. Invece, tutto è filato liscio, con naturalezza: l’insegnamento che mi danno è sempre quello di rimanere umile. Mi hanno accolto bene tutti, ma Danilo D’Ambrosio è unico: è lui l’uomo che trasmette da una generazione all’altra ‘l’interismo’. Mi ripete sempre che non è importante il nome che hai dietro, ma lo stemma che porti davanti. Un giorno, quando avrò la sua età, mi piacerebbe essere un D’Ambrosio per qualche ragazzo…».

Appena arrivato, ha fatto le visite con Lukaku, che poi ha parlato di lei a Zhang: «Mi piace la mentalità di questo ragazzo…». Cosa gli avrà mai detto?

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«Non ne ho idea, so solo che quel video è diventato virale, mi arrivava in continuazione sul cellulare. Mi ha fatto felice perché fino al giorno prima Romelu lo vedevo solo in tv».

Una dote che prenderebbe da ognuno dei suoi compagni di reparto.

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«Da Brozovic la tranquillità col pallone tra i piedi. Da Barella la grinta e lo spirito in ogni allenamento. Da Calhanoglu e Mkhitaryan la tecnica: sono due di qualità superiore. Da Gagliardini l’inserimento e la forza fisica».

Il gol sbagliato al Camp Nou la tormenta ancora?

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«Se non ci penso io, mi ci fanno pensare gli altri. Quando torno in paese o sono per strada, c’è sempre qualcuno che me lo ricorda: alla lunga un po’ stufa… Ma ammetto di non aver dormito per quattro giorni, passavo le notti a guardare quell’azione, ce l’ho stampata in testa».

Perché non l’ha passata in mezzo, allora?

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«Vi assicuro che volevo darla di prima a Mkhitaryan. Poi ho preferito stoppare e poi passargliela, ma il controllo è andato un po’ lungo: a quel punto non c’era più spazio. Pensavo di segnare, ma è andata male. Ero distrutto, ma mi hanno consolato tutti, proprio tutti. Purtroppo non posso più tornare indietro, ma è il momento di andare avanti: prima del Porto in Champions, pensiamo al Napoli. Se vinciamo il 4 gennaio, possiamo riaprire il campionato per tutti».

Ma da bambino era davvero così interista come si dice?

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«Ho le foto, le prove! Tra le altre cose mio padre è del Milan e a 5 anni mi ha portato a vedere la mia unica partita a San Siro. Era il derby del dicembre 2007: punizione di Pirlo, poi reti di Cruz e Cambiasso, e subito ritorno in auto col babbo. Sono stato innamorato di Zanetti e la cavalcata del 2010 la conosco a memoria. Ma non sono l’unico».

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