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Emre: “Inter nel cuore, Cuper ci cambiò! Che errore l’addio. Calciopoli? Davamo tutto ma fuori…”

L'ex centrocampista nerazzurro ha parlato ai microfoni della Gazzetta dello Sport

Daniele Vitiello

E' rimasto nel cuore dei tifosi dell'Inter per la sua grandissima tecnica, nonostante quegli anni non siano stati fortunatissimi per i colori nerazzurri. Emre Belozoglu continua a giocare in patria con lo spirito di un ragazzino, come raccontato alla Gazzetta dello Sport: «Ho 37 anni, ma solo sulla carta d’identità. Sono lo stesso dell’Inter! Il tempo passa veloce, ma mi sento alla grande. L'Istanbul Basaksehir? È dura essere al livello delle tre big, ma lotteremo fino alla fine. Non siamo la tipica squadra turca, c’è un bel mix di giovani ed esperti che vogliono ancora vincere».

Finora avete sorpreso tutti.

«Perché abbiamo fame, entusiasmo, ce la giochiamo senza paura. Qui c’è ambizione e grazie alla disponibilità economica della proprietà si può puntare in alto».

La parola «ritiro» le fa paura?

«Assolutamente no. Sto benissimo fisicamente e psicologicamente, ma non voglio tirare troppo la corda (ride, ndr ). Sono in scadenza, rinnoverò per un altro anno poi dirò stop».

Futuro in panchina o scrivania?

«Non mi fa impazzire l’idea di allenare, anche se nella vita mai dire mai. Vorrei diventare un grande d.s.: scovare talenti, trattare acquisti e cessioni, stare vicino al tecnico ed essere un tramite tra calciatori e presidente».

Un modello?

«A Milano c’era Oriali, persona super e professionista di alto livello. Ecco, mi piacerebbe diventare proprio quello che rappresentava lui nella nostra Inter».

Magari proprio a Milano…

«Sarebbe un sogno, ma la gavetta è importante. Poi sono passati tanti anni, magari si sono dimenticati di me (ride, ndr )».

A proposito di Inter: dal Triplete del 2010, quante annate deludenti.

«Tutto il calcio italiano non è più quello di prima quando era l’Nba del basket. Ora l’estero ha tutt’altro appeal e più denaro. E l’Italia fatica a tenere il passo. Detto ciò, l’Inter era e resterà per sempre nel mio cuore».

D’altronde 4 anni non sono pochi.

«Fu la prima volta che lasciai il mio Paese. Tanti ricordi, venni accolto subito come uno di loro. Inoltre c’era Moratti, un gentleman del calcio. Un vero fuoriclasse».

Inter forte, ma Juve e Milan forse erano superiori.

«La crescita loro era costante, c’era una base solida alla quale ogni anno aggiungevano 2-3 big. Noi cambiavamo troppo, in campo e in panchina. Perciò facevamo fatica a vincere».

La storia dice anche per Calciopoli.

«Situazione simile in Turchia nel 2010. Un brutto colpo per l’Inter e l’intero movimento italiano. Psicologicamente fu dura, davamo il 100% mentre all’esterno accadevano certe cose...».

Cuper, Zaccheroni e Mancini: ricordi?

«Hector eccezionale, cambiò la mentalità dopo anni difficili. Gli devo molto. E non posso parlar male di Zaccheroni, bravo tecnico e ottima persona. Mentre Mancio è una garanzia. Tra di noi c’era un grande rapporto e lo ringrazio perché giocai molto, nonostante la concorrenza».

Come dimenticare i due gol di Roma contro la Lazio il 7 dicembre 2002, sua unica doppietta italiana: il primo gol con pallonetto da fuori area...

«Ma soprattutto il secondo, quello di destro, che uso solo per camminare! Non ci credo ancora oggi».

Qualche rammarico?

«L’addio, non me lo sono mai perdonato. Avevo 25 anni e una testa diversa, tornando indietro rimarrei all’Inter».

 

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