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Inter, Zhang batta un colpo: quelle 6 parole tuonano ancora. E dia un senso alla scelta di Marotta

Il futuro è adesso: sbagliare ancora è vietato, per la Champions e per un domani tutto da costruire

Marco Macca

Posto strano, il calcio. Una ruota tremendamente e straordinariamente infernale, che può prendere i tuoi sogni e le tue paure e, in un attimo, agitarli prima e mescolandoli con forza poi. E così, ti ritrovi a dover fare i conti con ambizioni, aspettative, previsioni. Con soddisfazioni, ma molto spesso anche con colpi durissimi da digerire.

La ruota infernale dell'Inter, nel giro di cinque mesi, ha preso a girare in un verso inaspettato. Così repentino da spiazzare tutti, in un ambiente al momento ancora incapace di fermare l'andamento di una storia che, se da una parte, nella passata stagione, è stata capace di riservare un "maggio radioso" con vista europea, quest'anno potrebbe metterci un attimo a far piombare tutti nel baratro. Dopo lo 0-0 di Udine la qualificazione alla prossima edizione della Champions League è, ora, tutt'altro che scontata. Anche se il gol di Romero ha ridato fiato agli interisti. Un fatto imprevedibile, a inizio anno. O forse no. I colpevoli di questa situazione? Tutti. E i motivi sono presto detti.

ZHANG, E' IL MOMENTO - Era il 19 dicembre 2018 quando l'Inter si riuniva a Milano per la consueta cena di Natale. In quell'occasione, Steven Zhang aveva fatto tremare i muri della sfarzosa sala del locale tinto di nerazzurro con queste parole: "Schiacceremo tutti, in campo e fuori". Parole pronunciate con Spalletti e i suoi da poco eliminati con onore dal girone di Champions League, ma con un andamento in campionato tutt'altro che deludente, tanto che qualcuno ancora parlava apertamente di speranze Scudetto. Al di là delle ottimistiche (eufemismo) previsioni, però, l'Inter viaggiava, ed esattamente una settimana dopo avrebbe vinto per 1-0 contro il Napoli a San Siro. Servirebbe un libro per raccontare tutto quello che è accaduto da quel giorno, e non tutto forse è spiegabile. Ma una cosa è certa: con la mediocrità, non si vince. E, ne siamo sicuri, non era alla mediocrità che Steven Zhang mirava quella sera. Diciamo pure che per vincere, nel calcio di oggi, bisogna essere prossimi alla perfezione. E allora, chiediamo al presidente: l'Inter è vicina a quel livello? La risposta è retorica, ma diamola comunque: neanche un po'. E allora, posto che la costruzione di un progetto vincente richiede tempo e dedizione: quanto ci vorrà ancora? Che intenzioni ha la proprietà? Che mosse vuole attuare per garantire a questa società un salto di qualità sul campo, oltre a quelli già riscontrabili dal punto di vista commerciale? Siamo convinti che, per Zhang e gli altri dirigenti, sia arrivato il momento di dare seguito a quelle parole. Altrimenti, potrebbero trasformarsi in un clamoroso boomerang servito a tutte le rivali su un piatto d'argento.

POTERE A MAROTTA - A dire il vero una prima mossa, proprio a dicembre, sei giorni prima della cena di Natale, c'è già stata: l'ingaggio di Marotta. Se non è un manifesto d'intenti portare all'Inter quello che è forse il miglior dirigente italiano in circolazione, poco ci manca. Il problema viene ora: sembra chiaro che Beppe Marotta, per dare una sua prima vera impronta all'Inter, voglia portare sulla panchina nerazzurra Antonio Conte, non certo l'ultimo arrivato. Difficile dargli torto, se è vero che l'ex ct è forse, con Guardiola e Mourinho, sul podio degli allenatori attualmente più forti al mondo. E allora, anche a costo di un pesante esborso economico, perché non seguire i dettami di Marotta? Perché non lasciare che sia lui a decidere? Che senso avrebbe, altrimenti, il suo ingaggio? Al di là del cambio in panchina o meno, è giusto che sia l'ex Juve a prendere in mano il futuro interista, come scritto dal direttore di FCInter1908.it Daniele Mari. Ci sarà pure un motivo se ha vinto tutti quei trofei...

SQUADRA - La nota più dolente di tutta questa storia è la mancanza di personalità di una squadra che, in tutti questi anni, non è riuscita a cambiare il corso del destino. Quando serviva un cambio di passo, quando serviva la prestazione per battere forte il pugno al tavolo delle grandi, l'Inter ha sempre fallito. E non può essere un caso. Una squadra dagli umori ondivaghi, dal carattere fin troppo debole, dalla qualità che c'è, ma che spesso non si vede. Giocatori capaci di vincere e perdere con la stessa disarmante facilità a seconda delle situazioni. Colpa certamente delle scelte della società negli anni passati, ma anche e soprattutto di un gruppo che probabilmente, nella sua gran parte, ha dimostrato di non essere all'altezza.

E allora, che si inizi sul serio quel percorso volto a schiacciare tutti. Che Zhang e Suning diano seguito a quelle parole. Con Spalletti o senza Spalletti. Purché il cambio di passo, una volta per tutte, sia decisivo.

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