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Nagatomo: “Crediamo allo scudetto. Mi manca Materazzi e su Wes vi dico che…”

Yuto Nagatomo ha concesso un’intervista alla Gazzetta dello Sport, per parlare di Inter e del suo momento magico. Yuto da dove cominciamo? aprliamo di Lei o dell’Inter? «Il gruppo viene sempre prima di tutto». Con le vittorie su...

Riccardo Fusato

Yuto Nagatomo ha concesso un'intervista alla Gazzetta dello Sport, per parlare di Inter e del suo momento magico.

Yuto da dove cominciamo? aprliamo di Lei o dell'Inter?

«Il gruppo viene sempre prima di tutto».

Con le vittorie su Fiorentina e Genoa avete svoltato?

«Questo è presto per dirlo, ma di sicuro siamo in crescita e nello spogliatoio l’atmosfera è cambiata. I risultati sono una medicina incredibile».

Dove può arrivare questa Inter?

«Allo scudetto, che domanda! Io per natura non mi arrendo mai e anche i miei compagni ci credono. In fondo, l’anno scorso stavamo completando una rimonta anche più difficile».

La differenza quest'anno però e che  oltre al Milan, avete davanti anche Juve, Lazio, Udinese, Napoli.

«Ma tutto continua a dipendere da noi. E stanno per tornare anche Forlan e Sneijder...».

Chi le ha fatto più impressionano

«Ci manca ancora il Milan, che aspetto il 15 gennaio. Delle altre, dico Juventus. Una squadra molto solida, con il vantaggio di non fare le Coppe».

Con il Napoli però avete sofferto non poco...«Non lo dica a me. Il 4 in pagella che mi ha dato la Gazzetta quella sera ha creato un casino pazzesco in Giappone!».

Martedì a Genova ha fatto Atttacante e portiere meritandosi un bel 7

«Vittoria importante in una serata speciale per me. Ero come in trance agonistica, "sentivo"le cose. Prima la traiettoria del cross di Alvarez, nel finale quella del tiro di Marco Rossi che ho "parato" di testa».

Lei è alto 1.70, un pò geberosi. Aveva mai segnato di testa?

«Una sola volta, con l’Under 21 giapponese».

Chi l'ha chiamata dopo il gol di Marassi?

«Mi hanno chiamato in tanti, ma quello di mia madre li battetutti. A Natale vado a Tokyo dai miei fratelli e lei ci raggiungerà da Osaka».

Oggi c'è il sorteggio di Champions. Tra Basilea, BayerLeverkusen, Lione,Marsigliae Zenit chi spera di incontrare?

«Sorteggio? Davvero, non lo sapevo - fa sbalordito Yuto. Comunque cambia poco. Se una squadra è arrivata agli ottavi di Champions merita rispetto comunque».

Prima di Natale vi attendono Cesena e Lecce. E proprio contro la sua Cesena potrebbe segnare il terzo gol consecutivo...

«Mi spiace per loro e per il mio amico Parolo, ma vado a caccia del tris. L’Inter non può fermarsi ora».

QUando è cambiata la stagione di Nagatomo?

«All’inizio ho soffertoper il brutto infortunio alla spalla destra di fine luglio. Anche se non mi sono dovuto operare, stare fuori un mese e mezzo è dura. Poi c’erano i problemi tattici legati alle nuove idee di Gasperini e il momentaccio che ha colpito tutta la squadra. E quando le cose stavano migliorando, mi sono infortunato al polpaccio».

Questo è il suo più bel periodo da quano è in Italia?

Difficile dirlo. Di sicuro sto bene e mi ha molto aiutato parlare a lungo con Hiroshi Jofuku, il mio allenatore ai tempi dell’Fc Tokyo. Era a Milano come commentatore tv per Inter- Cska Mosca, dopo la gara abbiamo analizzato la mia prestazione. Mi ha aiutato a tenere sempre alta la concentrazione, a migliorare la fase difensiva e a leggere i momenti della gara, capire quando posso sganciarmi e quando no».

E Ranieri....

«Non facile, con la lingua. Parlo anche con lui, ma con Hiroshi è stato un discorso soprattutto psicologico. E poi quando sono in campo, le istruzioni su posizioni e marcature sui calci piazzati ce la dà Pepe Baresi».

La sua carriera h asvoltato diverse volte

«La prima a 18 anni. Ero all’università Meiji di Economia, a Tokyo, ma non giocavo mai anche a causa di un’ernia. Ero depresso, ho anche pensato di smettere col calcio e mi sono perso giocando a Pachinko, una sorta di roulette molto famosa in Giappone. Poi sonoguarito e l’allenatore mi ha dato fiducia. Tanto che nel quarto anno di università ho completato gli studi, ma ho lasciato la squadra per fare il professionista nell’Fc Tokyo».

Poi c'è stata la mazzata all'olimpiade

«Nel 2008 siamo andati a Pechino con grandi ambizioni, in squadra c’erano pure Honda, Kagawa e Uchida. Invece abbiamo perso tre gare su tre e siamo tornati a casa, accusati di essere una generazione di falliti. Ma lì abbiamo fatto una sorta di patto e accumulato la voglia di riscatto che poi ci ha portati a giocare nei campionati più importanti d’Europa».

In Italia è arrivato grazie a Ficcadenti?

«L’ex allenatore del Cesena è un esperto di calcio giapponese. Quella è stata la terza svolta. Amo il vostro Paese e sto prendendo lezioni di italiano per capirlo ancora di più. Vivo da solo in centro, mi piace molto passeggiare soprattutto nel quadrilatero della moda, fare shopping e uscire a mangiare».

Italiano o Giapponese?

«Mi piacciono entrambe le cucine, ma ho perso la testa per gli spaghetti alla bottarga».

Con chi trascorre il tempo libero?

«Ora che gioca a Novara, viene spesso a trovarmi Morimoto, con cui guardiamo film giapponesi. Poi vedo Sneijder, che abita vicino a me. Wes è un matto. Voi credete che io faccia gli scherzi in spogliatoio, invece li subisco. L’ultima volta mi ha riempito di grana il tovagliolo, così quando mi sono seduto a tavola e l’ho aperto mi sono rovesciato il formaggio dappertutto. Un’altro che scherza sempre è Viviano, mentre mi manca Materazzi. Ci sentiamo ancora, ma ci vediamo meno di prima».

Che rapporto ha con Zanetti?

«Fantastico. Il capitano è un grande. Quello che in Giappone chiamiamo "senpai", cioè una guida, un maestro. Inchinarmi davanti a lui dopo un gol è l’omaggio minimo. Siamo anche compagni di stanza nei ritiri e ci salutiamo in quel modopure lì. Quando sono arrivato all’Inter il mio punto di riferimento, anche per il ruolo in campo, era Maicon. Senza nulla togliere a Maic, ora guardo a Zanetti e sogno di diventare un atleta serio e professionale come lui».

Se non facesse il calciatore?

«Probabilmente mi sarei dato al ciclismo su pista. Mio nonno oshida Tatsuo era un professionista del keirin  e mi ha trasmesso questa passione».

Oppure?

«Da ragazzo suonavo il tamburo. E negli anni bui dell’università, non potendo giocare, con il tamburo guidavo i cori dei tifosi. Dovevo essere bravo, perché un capo degli "In fight", la parte più calda del tifo Kashima Antlers, mi ha proposto di passare dalla loro parte. Per fortuna che poi la schiena è  guarita...».