editoriale

Cap(p)ellata

Mettiamola così. Sulla carta don Fabio Capello ha un ottimo curriculum. Invidiabile. Tecnico solido che fa del difensivismo il suo credo. Guai a prendere il primo gol. Ha vinto il campionato con tutte le squadre che ha allenato. Milan, Roma,...

Sabine Bertagna

Mettiamola così. Sulla carta don Fabio Capello ha un ottimo curriculum. Invidiabile. Tecnico solido che fa del difensivismo il suo credo. Guai a prendere il primo gol. Ha vinto il campionato con tutte le squadre che ha allenato. Milan, Roma, Juventus, Real Madrid. E' un sergente di ferro e nello spogliatoio non ammette obiezioni. Il suo senso dell'umorismo, se c'è, non è evidentissimo. Un uomo di poche parole. In effetti, come ha affermato qualche tempo fa, gliene bastano 100 per farsi capire dai giocatori inglesi. Immaginiamo a questo punto che le scelga con estrema cura. Per evitare fraintendimenti.

Vogliamo toglierti dall'imbarazzo don Fabio. Quell'imbarazzo che potrebbe nascere dovendo commentare eventuali avvenimenti legati a calciopoli. Quello scudetto che hai sempre considerato tuo, brilla ora nella bacheca di una squadra che un giorno (forse) potresti decidere di rappresentare. Titoli vinti sul campo, dicevi. Ma la giustizia sportiva continua a ribadire il contrario e di questo ci si dovrà fare una ragione prima o poi. Non più tardi di un mese fa hai affermato che questo era il primo campionato "vero" dopo il terremoto calciopoli. Questo perché tutte le squadre avevano avuto l'opportunità di rinforzarsi come si deve. Era una regola, che non conoscevamo. Ma c'è sempre da imparare. A quanto pare.

Ci sono certezze per le quali ucciderei. Idee che non si vogliono cambiare. Che non si devono cambiare. Non andrò mai alla Juve, disse un giorno don Fabio. E alla Juve ci andò di corsa. Nell'epoca moggiana ne fu il simbolo vincente. Il comandante alla guida del suo esercito. E mentre qualcuno commentava che festeggiare quello scudetto, alla luce delle prime intercettazioni che uscivano sulla stampa, fosse di cattivo gusto, don Fabio sollevava la coppa e pretendeva rispetto per quanto ottenuto sul campo, Tra noi e quel campo troverete le parole che raccontano la storia dell'odio tra due società, che non saranno mai amiche. E va bene così. Sarebbe incomprensibile il contrario. Ci sono cose che è bene rimangano quelle che sono. Nei secoli dei secoli.

Magari si risolverà tutto in una bolla di sapone mediatica. Magari è un modo per sviare da trattative che pretendono la riservatezza più totale. Magari sono i soliti giornalisti che esagerano. Ci attacchiamo ad una parola e attendiamo fiduciosi. Una parola scelta a caso fra 100. MAGARI.