editoriale

Che spettacolo la Curva Nord

Loro ci sono sempre stati. Hanno riempito San Siro mentre albeggiava, quel dì fresco di primavera, il giorno dopo il 22 maggio 2010. Aspettavano la Coppa: quel giorno era un onore essere interisti. C’erano anche ieri sera, in una fredda...

Fabrizio Longo

Loro ci sono sempre stati. Hanno riempito San Siro mentre albeggiava, quel dì fresco di primavera, il giorno dopo il 22 maggio 2010. Aspettavano la Coppa: quel giorno era un onore essere interisti. C'erano anche ieri sera, in una fredda serata invernale, dopo un mese tribolato da scoppole e delusioni, per una partita in cui essere interisti sarebbe potuto sembrare un dovere. 

È la Curva Nord, la parte più appassionata e meno "borghese" del tifo nerazzurro: quella che prima di puntare il dito si preoccupa di urlare e spronare a gran voce affinché non ci siano motivi per puntare il dito. Sono la parte migliore del tifo interista, troppo spesso esigente e pieno di pregiudizi, pronto a storcere il naso al primo retropassaggio e che un applauso lo fa sudare. Loro no, loro gli applausi sono pronti a liberarli anche quando non ci sarebbe un motivo razionale per farli. Se fossero razionali non sarebbero la parte più spinta della tifoseria di una squadra "Pazza". Da sempre vestono San Siro di coreografie riconosciute da tutti fra le migliori al mondo, profondono impegno, impiegano mesi di lavoro per sfoggiare "quadri" da centinaia di metri quadrati. Tutti firmati CN69 e tutti dedicati alla loro amata: l'Inter.Sono pronti a far tutto ciò, ma in cambio di una cosa sola: bisogna onorare la maglia. Sono tanto innamorati quanto pronti a farlo presente e a imprimerlo nella mente dei calciatori, perché chi gioca nell'Inter deve dare tutto per continuare a farlo. "Sostegno totale ma la nostra maglia si deve onorare" è il messaggio che hanno esposto prima di Inter-Chievo. L'hanno fatto domenica nei garage di San Siro post derby, l'hanno fatto a Reggio Emilia dopo un Sassuolo-Inter perso 3-1 e in molte altre situazioni. La voce che perdono deve avere una ragione per giustificare le mentine ingerite per recuperarla, e la ragione è l'impegno di chi veste il nerazzurro. C'erano anche ieri sera, dopo un mese tribolato, un 3-0 allo Juventus Stadium, dopo uno spettacolo cromatico ed emozionale alla Pinetina e il 3-0 nel derby il giorno dopo. Hanno urlato dopo un mese di occasioni perse non solo per sfortuna ma anche un po' per negligenza. Hanno applaudito Kondogbia ad ogni tiro sballato del match, si sono esaltati sui ripiegamenti difensivi di Eder, hanno rumoreggiato e sofferto quando negli ultimi 20' minuti il pallone scottava un po' troppo e hanno urlato il nome del capitano, lo stesso uomo che 3 giorni prima li aveva "mandati all'inferno", al momento del gol. Sono così; forse il loro amore a prescindere, o quasi, è della stessa indole dell'Inter, da pazzi, ma è così. Per loro l'Inter è malattia e cura allo stesso momento. È una costante. È il livello della gradazione di zucchero nel caffè il giorno dopo una partita. È consolazione, ce l'hanno ricordato  loro stessi: "Più ti guardo e mi consolo, sei più bella che in un sogno". Firmato, da sempre e per sempre, CN69.

@FabriJZLongo