editoriale

Diavolo d’un Wes!

Non lo avrei neanche lontanamente immaginato, ma il tormentone Sanchez mi manca. Mi mancano le dichiarazioni di Pozzo a gonfiare il prezzo di listino. Mi mancano le 52 squadre che lo avevano acquistato con sicurezza. Ma soprattutto mi manca...

Sabine Bertagna

Non lo avrei neanche lontanamente immaginato, ma il tormentone Sanchez mi manca. Mi mancano le dichiarazioni di Pozzo a gonfiare il prezzo di listino. Mi mancano le 52 squadre che lo avevano acquistato con sicurezza. Ma soprattutto mi manca l'annuncio ufficiale del suo passaggio in blaugrana. The end, titoli di coda, tutti a casa che lo spettacolo è finito.

Sono giorni che il nome di Wesley Sneijder è sulla bocca di tutti. I tabloid inglesi producono fiumi di parole che dovrebbero convincere Ferguson, se mai ce ne fosse bisogno, che l'olandese è l'unico erede possibile di Scholes, che l'Old Trafford agogna le sue magie, che un regista come lui dove lo trovi. Già, dove lo trovi uno come lui? Qui da queste parti il tifoso nerazzurro prega almeno un paio di volte al giorno che il Wesley del quale si sta insistentemente parlando sia in realta' un curioso caso di omonimia. E che il Manchester United lo stia contendendo ad una squadra russa dal nome buffo. Una squadra che si chiama Anzhi.

Nulla verrà deciso prima della Supercoppa. Cioè, in poche parole Wes potrebbe giocare la sua ultima partita davanti ad uno stadio di tifosi cinesi nerazzurri impazziti mentre noi a chilometri di distanza, incollati al televisore, ci roviniamo il fegato pensando ad un addio da consumare. Sul cammino di Wes, iniziato con un profetico esordio contro l'altra squadra di Milano sul finire di un agosto incantevole (vi vengono in mente altri aggettivi per definire quel 4 a 0?), ci sarebbero di nuovo i rossoneri. Un cerchio che si chiude?

Mentre Gasp ci assicura che Wes sabato giocherà, pensiamo a tutto quello che c'è stato in mezzo. Alle vittorie che portano la sua firma, all'applauso sbattuto in faccia a Rocchi in un derby (sempre loro) che sembrava già deciso, a quella classe diluita a centrocampo e poi infusa in quelle punizioni da cineteca. Al triplete vinto per la prima volta nel regno dei ghiacci della contea di Kiev, con quella zampata a tempo quasi scaduto che ci ha trasformato in mocciosi saltellanti di cinque anni. All'intesa con il portoghese, la stessa aria strafottente e rissosa di chi non arretra di un centimetro. E sa esattamente come farlo.

Pensarci non fa che acuire la fitta di dolore. Al bar fai finta di non vedere la Gazza, alla radio solo tormentoni estivi musicali, i telegiornali sportivi banditi. Poi però vai a fare la spesa e il panettiere beffardo ti chiede: Allora, Sneijder se ne va o no? Santi numi, ma quanto manca alle vacanze?!?