In questi ultimi anni ci siamo abituati a sentire che l'Inter aveva bisogno di essere rivoluzionata. Che sembrava un'azienda a conduzione familiare e che come tale non era spesso in grado di prendere decisioni difficili. Che guardava prima al cuore che alla ratio. Che "per colpa" di un presidente tifoso la gestione era approssimativa, mai severa quanto ci si sarebbe aspettato. Lunghi articoli di giornali, analisi dettagliate, dibattiti infiniti. Tutti sembravano avere molto chiara la soluzione ai problemi dell'Inter. Perché l'Inter dopo il 2010 non era più stata in grado di essere competitiva era principalmente una colpa delle mancanze societarie.
editoriale
DIETROFRONT?
In questi ultimi anni ci siamo abituati a sentire che l’Inter aveva bisogno di essere rivoluzionata. Che sembrava un’azienda a conduzione familiare e che come tale non era spesso in grado di prendere decisioni difficili. Che guardava...
Poi all'orizzonte si è delineata una nuova opportunità. Erick Thohir voleva l'Inter e Massimo Moratti ha intravisto in questo passaggio epocale una nuova possibilità per la sua creatura. Avrebbe potuto continuare a saldare il deficit ogni anno ma si sarebbe trattato di pura sopravvivenza. Senza possibilità di investire e pensare in grande. Con l'unico scopo di galleggiare. Come si fa con una figlia, Moratti ha cercato di scegliere il meglio per lei. E quando è arrivato il momento si è fatto da parte. Mi sembra ancora di sentire i commenti soddisfatti di chi per anni aveva criticato le sue uscite settimanali sul marciapiede davanti alla sede, gli impeti da tifoso che lo avevano portato a prendere un allenatore piuttosto che a licenziarlo, la sua emotività. E ora che Moratti non c'è più?
Thohir ha messo mano silenziosamente ad ogni settore societario. Una vera e propria rivoluzione. Dalla comunicazione al marketing. Sono arrivati dirigenti con esperienza internazionale, persone abituate a tenere alto il nome di grandi aziende famose nel mondo. Potrebbe non essere sufficiente? Potrebbe. Potrebbe non funzionare? Potrebbe. Ma stiamo parlando di una struttura societaria che si sta consolidando in queste ore e che dovrà dimostrare il suo valore nel tempo. Non abbiamo l'eternità per giudicarli ma forse sarebbe il caso di attendere il giusto prima di emettere sentenze. In quanto alla meneghinità che verrebbe a mancare in virtù della nuova internazionalità crediamo che sia un punto importante sul quale Thohir non vorrà rischiare di scivolare. Un'internazionalità che l'Inter ha nel Dna da sempre. Improvvisamente tornano ad essere importanti valori come il cuore e la passione a scapito della troppa (?) ratio. Certo è che se vogliamo pensare che il calcio italiano vada bene così e che i modelli esteri siano troppo rigidi e poco passionali torneremo a competere nel mondo tra un paio di secoli. La sfida di Thohir è indubbiamente complessa. Ma dopo che si è gridato a gran voce che solo una rivoluzione di modi, abitudini e facce avrebbe potuto determinare una nuova possibilità per l'Inter, non si può correre a nascondere la testa. A Milano, la città nella quale l'Inter ha le sue radici profonde e nella quale si rispecchia fiera, c'è un modo di dire che aderisce perfettamente a questa situazione. Mai cuntent. A Milano si dice così. Da sempre.
Twitter @SBertagna
© RIPRODUZIONE RISERVATA