Gli addii non sono mai semplici. Specialmente quando sono di marca nerazzurra. E' capitato negli anni che le nostre strade e quelle dei nostri beniamini arrivassero a un bivio e si separassero. Abbiamo visto partire Ronaldo per i lidi di Madrid, Crespo per la piovosa Londra, Veron tornato a casa in Argentina e tanti altri, ma forse questo, dopo Julio Cesar è il primo caso di rescissione del contratto che ci lascia con l'amaro in bocca ed il cuore pieno di tristezza.Dejan Stankovic. Un nome e un cognome che ormai è impresso in tutti gli interisti. Un combattente nato, un guerriero, uno che in campo non ha mai lesinato impegno e dedizione. Sempre a gettare il cuore oltre l'ostacolo. Tra lui e Julio c'è un'unica differenza: il serbo ha vissuto a pieno tutto ciò che significa essere interista. Soffrire, patire, raggiungere uno scopo tanto agognato per poi ricadere nel baratro, rialzarsi e riprendere a correre senza sosta. Si rischia di cadere nello scontato e nel già sentito quando un calciatore lascia una squadra, ma non in questo caso. Stankovic è l'emblema di quel cuore Inter che pulsa vivo. Quel cuore che ti permette di vivere ogni giorno e sempre di più il tuo interismo. L'emblema della lotta contro il 'male calcistico' e che nella vita con l'impegno e la forza di volontà si può fare tutto.
editoriale
Gli occhi del Drago
Gli addii non sono mai semplici. Specialmente quando sono di marca nerazzurra. E’ capitato negli anni che le nostre strade e quelle dei nostri beniamini arrivassero a un bivio e si separassero. Abbiamo visto partire Ronaldo per i lidi di...
Era iniziata così la sua carriera, con quel suo allenatore che disse: “piccolino e senza talento”. Li si è impuntato e ha deciso di diventare una roccia che sarebbe stata impossibile da scalfire. Solo gli infortuni l'hanno falcidiato negli ultimi tempi, ma mai nessuna critica o altro gli ha fatto abbassare il capo. Sempre lì sul pezzo quando ce n'era bisogno. Lì immobile quando si parlava di un suo possibile passaggio alla Juventus. Troppo interista per farlo. Troppo interista per poter lasciarsi sfuggire l'occasione di lavorare con Mourinho e vivere a pieno il sogno che si sarebbe realizzato di lì a due anni. Lui era l'amico di Mancini per tutti gli addetti ai lavori e invece ha solo dato dimostrazione che amicizia e professionismo nel calcio son due valori separati. Che si intersecano tra loro ma possono prendere anche strade parallele che non si incontreranno mai più. Mai una parola fuori posto e mai una polemica.
Lui era quello dei gol impossibili e splendidi. Come non ricordare la staffilata all'incrocio nel derby, il destro fulminante col Chievo, il tiro al volo da centrocampo contro il Genoa e quello contro lo Schalke pura espressione di coordinazione, potenza e tecnica. Lui era quello impossibile da distruggere. Gli infortuni lo hanno solo temprato ancora di più nel carattere.
Gli occhi con cui scendeva in campo ogni Domenica erano quelli del Drago. Aveva l'argento vivo addosso. Occhi di fuoco con cui fulminava gli avversari. Solo la sua presenza in campo garantiva magnetismo e carisma al centrocampo dell'Inter. E' difficile dirsi addio dopo dieci anni, ma siamo sicuro che il nostro è solo un arrivederci. Perchè quando si è cosi interisti da arrivare a rescindere un contratto oneroso che avrebbe fruttato ancora milioni di euro, capisci che davvero il suo unico pensiero è il bene della squadra. E lo immaginiamo con gli occhi come i nostri, pieni di lacrime a scrivere quella bellissima lettera con cui annuncia la separazione dalla maglia nerazzurra. Quella che è stata sua per 326 volte.326 volte di grandissime emozioni che ha dedicato prima di tutto a noi e poi a sé stesso.
Gli occhi del Drago non si dimenticano come lui non dimenticherà i nostri ogni qualvolta ha calcato il prato verde di San Siro.
© RIPRODUZIONE RISERVATA