editoriale

Il buio oltre Mou

Ecco come spazzare via con un colpo deciso di spugna dodici mesi. Punto e a capo. Dove eravamo rimasti? Ah sì. Stavamo cercando un allenatore. Qualcuno disposto a caricarsi su spalle forti e dritte la titanica eredità del triplete, l’ombra...

Sabine Bertagna

Ecco come spazzare via con un colpo deciso di spugna dodici mesi. Punto e a capo. Dove eravamo rimasti? Ah sì. Stavamo cercando un allenatore. Qualcuno disposto a caricarsi su spalle forti e dritte la titanica eredità del triplete, l'ombra ingombrante del portoghese, la schizofrenica emotività di uno spogliatoio complesso. Tutti elementi che con la giusta chiave di accesso puoi piegare a tuo favore e trarne il meglio. Talvolta l'impossibile. Ma è sufficiente distrarsi un attimo e perdere di vista quel dettaglio che pensavi essere di secondissimo piano. Beh, a quel punto sei serenamente fottuto. Perché qualcuno insegna che nulla va lasciato al caso.

Dal caso al caos più totale. Fino a qualche giorno fa la massima preoccupazione del giornalista sportivo consisteva nel trovare una sfumatura nuova per riproporre ai suoi lettori il tormentone Sanchez. Poi nel giro di 24 ore un terremoto di entità ancora da accertare ha devastato il mondo nerazzurro. Sneijder resta se Dio è d'accordo. Leo va al Psg. Viene Bielsa. Anzi no. Intanto Eto'o pensa alla Premier. Andiamo bene.

Questo in superficie. Ma sotto cosa sta succedendo? Se Leo odia così tanto il suo mestiere perché non spinge (o meglio perché non ha spinto) le sue ambizioni lontano dalle panchine? E Moratti doveva scoprirlo dalla prima pagina di un giornale che i desideri del brasiliano convergevano in tutt'altre direzioni? Oppure il presidente sapeva già tutto? E Leo avrà forse avvertito che l'entusiasmo intorno al suo fare romantico (l'amore non sempre è foriero di tituli) stava scemando e che prima o poi, come tanti (troppi) allenatori dell'Inter, anche lui sarebbe stato messo alla porta? Lui e il suo sogno? Chi ha fatto la prima mossa? Non importa? Eccome se importa...

Il più furbo di tutti se ne è andato al momento giusto. Non ha aspettato il tramonto. Non ha voluto assistere al declino, ai confronti con qualcosa che lui stesso aveva genialmente partorito, al disinnamoramento che il tempo impietoso prima o poi tutto avrebbe avvolto. E inasprito come un frutto fuori stagione. Lui, che in quello stipendio tanto criticato aveva fatto rientrare tantissimi ruoli, uno solo ufficiale. Ma in quell'ufficioso quanti equilibri consacrati, quante polemiche spazzate via all'istante e che contromosse.

Oggi come un anno fa brancoliamo nell'indecisione. Aspettiamo che una folata di vento ci suggerisca verso quale nuovo orizzonte muoverci. La sicurezza che pensavamo aver fatto nostra bevendo dai calici delle strepitose vittorie si era dissolta già da tempo. Ma nessuno lo voleva ammettere. Oggi come un anno fa la panchina nerazzurra scotta. Il mercato dipende da quel vuoto. E viceversa. Interviste inattese, rilasciate chilometri e chilometri più in là, rimettono tutto in discussione. Le crepe scheggiano la vostra fotografia preferita rendendola irriconoscibile. Fissarla immobili non servirà a far tornare tutto come prima. Non desiderate anche voi voltare pagina? Smettere di sopravvivere, ritrovare la lucidità, respirare fermezza? Dodici mesi. Un anno. Punto e a capo. Dove eravamo rimasti?