editoriale

Il mercato necessario

E’ stato un mese di mercato lungo e con pochi colpi di scena, quello che ha contraddistinto le operazioni portate a termine dai nerazzurri. Un mese che si è trascinato e che ha vissuto del ricordo dei fasti precedenti. Infatti, chi aveva...

Sabine Bertagna

E' stato un mese di mercato lungo e con pochi colpi di scena, quello che ha contraddistinto le operazioni portate a termine dai nerazzurri. Un mese che si è trascinato e che ha vissuto del ricordo dei fasti precedenti. Infatti, chi aveva impresse nella memoria le immagini di festa in aeroporto a salutare gli arrivi di Podolski e Shaqiri, sarà forse rimasto un po' deluso. Eppure proprio il mercato di gennaio dell'anno scorso ci dimostra come tutto sia estremamente relativo e spesso illusorio, nel calcio. L'anno scorso era da poco tornato Mancini e i nomi che si accostavano all'Inter erano di nuovo nomi di prima fascia. Fu soprattutto questo a spingere i tifosi ad accogliere prima Podolski, poi Shaqiri con un comitato di benvenuto che i due giocatori difficilmente dimenticheranno. L'Inter era tornata a cercare giocatori importanti, che nei club più prestigiosi non trovavano spazio ma che rappresentavano, sulla carta, una scelta vincente.

Già, quella maledetta carta alla fine può tradire le aspettative. E gonfiare nuvole di illusioni pronte ad abbattersi su Appiano Gentile. Al contrario del gennaio scorso (mese in cui arrivarono anche Brozovic e Santon) in questa finestra di mercato si è lavorato soprattutto alle cessioni. E può non essere stato un mercato esaltante, ma sicuramente si è trattato di un mercato necessario. Dettato dalle tante operazioni chiuse in estate, dagli obblighi nei confronti della Uefa e dalle possibilità. Tutte voci che non rientrano probabilmente nella lista delle priorità di un tifoso, ma in quelle di una società che punta a tornare ad essere nuovamente grande. L'obiettivo Champions League, come confermato anche dalle parole di Ausilio, rimane una priorità dalla quale sarà difficile prescindere.

E' stato un mese più che altro fatto di saluti. Frettolosi e conditi da poca emozione. Quasi a ribadire che conta solo l'Inter, non è più tempo di osannare nessuno. E' arrivato Eder e anche lì, sulla carta, i gol che ha segnato finora e soprattutto quelli che potrebbe segnare con la maglia nerazzurra fanno gola. Serviva un centrocampista? Probabilmente sì. La scelta (vincolata dal portafoglio) è caduta invece su un attaccante (già inseguito nella scorsa estate). 

Ma pensare, come si era fatto in passato (sbagliando) che solo il mercato possa correggere i problemi di una squadra che sembra essersi persa, dopo un avvio da favola, non è del tutto corretto. L'Inter si è persa dopo un periodo nel quale vincere sembrava una conseguenza fisiologica di una consapevolezza ben radicata nella squadra. Quando questa consapevolezza ha incominciato a vacillare, quando questa sicurezza, che si rispecchiava nei sorrisi e negli epic Brozo è sfumata, qualcosa si è rotto. La cattiveria e il collettivo sono venuti a mancare, gli errori hanno trovato terreno fertile e si sono piano piano moltiplicati. Hanno intaccato anche gli organi sani, infettando tutto come i peggiori virus. Anche chi aveva fatto benissimo (Miranda e Murillo) non è stato esente da critiche, negli ultimi tempi. Che cosa si sia rotto e perché dovrà scoprirlo Roberto Mancini. Possiamo parlare di reparti che giocano più o meno male, ma resta che all'Inter, oggi come oggi, manca soprattutto un'anima. Perché fino ad un mese fa la squadra reagiva, combatteva ed oggi sembra confusa e spaesata come nei peggiori ricordi (nemmeno troppo lontani). Una squadra che deve ricominciare a fare le cose semplici, a non sbagliare i passaggi, a dare la palla a chi deve metterla in porta. Una squadra che deve dare una risposta diversa da quanto visto in un derby che brucia ancora con ferocia. Una squadra che deve trovare la soluzione guardandosi allo specchio e riprendendo il comando della situazione. Per tutto questo, il mercato avrebbe potuto fare ben poco.

Twitter @SBertagna