editoriale

L’IMPORTANZA DEL BOMBER. E DI SENTIRSI VIVI

L’Inter riscopre l’importanza di avere un bomber. Dopo una partita egregia di Rodrigo Palacio, che si danna in ogni dove, con movimenti di un’eleganza calcisticamente parlando strepitosa, correndo in campo come se il viaggio in...

Sabine Bertagna

L'Inter riscopre l'importanza di avere un bomber. Dopo una partita egregia di Rodrigo Palacio, che si danna in ogni dove, con movimenti di un'eleganza calcisticamente parlando strepitosa, correndo in campo come se il viaggio in Argentina e i 65 minuti giocati appartenessero ad un suo parente, è sufficiente un'azione apparentemente semplice per smuovere le cose lì davanti e deviare il corso della partita. Ricky Alvarez scardina un pallone dai piedi di Chiellini (come se il destino di quella palla fosse già scritto) e serve Mauro Icardi, entrato da pochissimo, che con una naturalezza sfacciatamente scontata piazza la palla in rete. Un'autentica bestia nera per la Juventus, il nr. 9 nerazzurro. Lo ammette anche Conte in confenza stampa, a denti stretti, non potendo glissare sulla statistica pesante che l'attaccante nerazzurro ha nei confronti dei bianconeri. Con l'opzione Belfodil e il rientro di Milito, l'attacco nerazzurro potrebbe tornare a divertire. Chissà.

Per arrivare al 70° e passa del secondo tempo con la porta inviolata, la squadra ha dovuto mettere in pratica una partita particolarmente attenta, con una percentuale di sbavature a disposizione molto limitata. La parola chiave che meglio descrive la gara è solidità. Una solidità dimenticata, che mancava da tempo e che sembra un chiaro frutto di una nuova autostima. Quell'autostima che Mazzarri ha fatto ritrovare ai nerazzurri sul campo. Solo una dimostrazione pratica di quanto predicato avrebbe potuto convincerli dei loro mezzi. Dopo tre giornate, lo ribadiamo senza nessuna scaramanzia di sorta, è troppo presto per definire sorti e destini di qualsiasi squadra. Figuriamoci di una squadra alle prese con un processo di ricostruzione come l'Inter. Ma. C'è un piccolo ma. Se Genoa e Catania sembravano prove con segnali illusori, data la dimensione non da classifica alta, la Juventus, al contrario, era la peggior squadra da affrontare. Peggiore perché favorita e reduce da diversi campionati fatti di meccanismi ormai oliati, con un centrocampo fisicamente incontenibile e con un allenatore di una determinazione non comune. L'Inter dunque se l'è giocata alla pari, a tratti (come ha detto Mazzarri in conferenza) anche più che alla pari. Un dato insospettabile fino alle 18 di sabato pomeriggio. Tenendo conto di come i bianconeri hanno rivoltato la Lazio nel giro di poco, la prova dei nerazzurri, senza abbandonarsi a sogni troppo arditi, acquista senz'altro un valore alto. Pregevole. Contenere la ferocia dei bianconeri, allontanandoli dalla vetta della classifica, sono segnali che fotografano una squadra sana. Una squadra che non ha timore di giocare. Pericolosamente viva.

Twitter @SBertagna