editoriale

LA LINEA SOTTILE

“Chiedo scusa a tutti per il mio gesto di martedì sera. Quando sono entrato in campo e ho sentito i fischi della gente e le urla dell’allenatore ho perso la testa, non capivo più niente e poi alla fine mi son tolto la maglia solo per...

Eva A. Provenzano

"Chiedo scusa a tutti per il mio gesto di martedì sera. Quando sono entrato in campo e ho sentito i fischi della gente e le urla dell'allenatore ho perso la testa, non capivo più niente e poi alla fine mi son tolto la maglia solo per sfogare la mia rabbia. Mi dispiace di non essere riuscito a controllarmi".

UN COLPO ALL'ANIMA - Queste sono le parole pronunciate da Balotelli il 23 aprile del 2010, a freddo, qualche ora dopo rispetto a quel gestaccio: aveva gettato la maglia dell'Inter a terra per punire il pubblico di San Siro reo di averlo fischiato per il suo approccio superficiale alla gara. La maglia nerazzurra che cade con disprezzo sul prato verde di San Siro davanti a quasi 80mila interisti e davanti al mondo che era lì immobile ad assistere al rapimento del Barcellona dei marziani.

SOTTO BOMBARDAMENTO - Per l’allora ventenne Mario era un periodo non proprio facilissimo. La pressione di dover imparare a convivere con tutto quel talento, confrontandosi con campioni del calibro di Eto’o e Milito, tanta panchina e tante aspettative: tutti gli occhi puntati addosso al primo errore. Perché era nerazzurro e non c’erano troppe attenuanti a fargli da balia. Anzi gli avevano anche portato la maglia rossonera per fargliela indossare, per creare dissapori tra lui e l’ambiente. L’Inter in quel periodo non era facilmente battibile, non perdeva neanche quando restava in nove... e allora giù con le polemiche create ad arte.

IL GIORNO DEI GIORNI - C'era stata pure qualche balotellata in campo. Mourinho aveva avuto da fare per contenerlo, all’epoca si parlava di 'bastone e carota’, ma c’erano stati anche gol bellissimi e quelli erano bastati a fargli guadagnare l’affetto di tanti interisti. Poi era arrivato quel gesto in una delle sere più importanti della storia nerazzurra. Fece arrabbiare i suoi compagni, l’allenatore e i tifosi, anche quelli che lo avevano sempre difeso: pochi sono riusciti ad archiviare quel caso come una ‘ragazzata’. La maglia è sacra e questa è una cosa che si impara da bambini. Era stato uno sfregio insomma.

TRA PALCO E REALTA' - "Ho chiarito con loro appena è successo tutto", ha detto quando è tornato in Italia, al Milan, la sua squadra del cuore. Era come a sottolineare che il suo debito è istinto. Che le sue scuse c'erano state. E poi tutto il resto è andato come andato. La cessione al City per ragioni di bilancio e forse non solo per quelle. Andata e ritorno sull'altra sponda di Milano. E alle scuse oggi, dopo tre anni, si aggiunge anche il pentimento: "C'è una cosa che non rifarei? Gettare di nuovo la maglia dell'Inter a terra, no quello non lo rifarei". Perché è cresciuto, perché è maturato. Lo dice, ci crede e pare essere perfettamente entrato nel ruolo di ragazzo diventato uomo. Adesso che è diventato l’eroe dei due mondi, adesso che sono tutti pronti a credergli, ora che è il più talentuoso di tutti.

QUELLO CHE NON SEI... - Il suo talento lo aveva riconosciuto l’Inter per prima. Per lui il salto dalla Primavera alla prima squadra, grazie a Mancini, era stato naturale. Che era un fuoriclasse, uno non proprio uguale a tutti gli altri, erano stati gli interisti per primi a capirlo. Nella sua esperienza nerazzurra Balo è stato importante: certo non giocava con continuità, ma sulle coppe del triplete è inciso anche il suo nome. La sua storia personale sarà comunque sempre legata a chi lo ha lanciato nel calcio che conta. “Io sono io”, ha detto ieri l’attaccante della Nazionale Italiana. E chi sei davvero? Uno che si è pentito veramente del suo errore e vuole crescere o solo il frutto di un’operazione di restyling cominciata nel mese di gennaio? La linea sottile tra essere e dover essere. “Cosa pensi di fare? Da che parte vuoi stare?”. In bocca al lupo, Mario. Senza rancore.