editoriale

Luci(c) a San Siro

Un bambino con l’espressione cresciuta. E’ stato proprio lui, Mateo Kovacic, a prendere posto nel punto nevralgico del nostro centrocampo, giovedì sera contro gli Spurs. Nessuna timidezza, se non quella fisiologica nei primi frangenti...

Sabine Bertagna

Un bambino con l'espressione cresciuta. E' stato proprio lui, Mateo Kovacic, a prendere posto nel punto nevralgico del nostro centrocampo, giovedì sera contro gli Spurs. Nessuna timidezza, se non quella fisiologica nei primi frangenti di partita (e visti i nostri recenti primi tempi, abbastanza comprensibile). La disinvoltura con la quale ha gestito i numerosissimi palloni toccati non è passata inosservata. E come avrebbe potuto? Le statistiche nude e crude raccontano di un 95% di passaggi andati a buon fine (56 su 59) e di 14 recuperi (il doppio rispetto a tutto il resto della squadra). Al di là dei numeri ha impressionato la sua visione di gioco, il giocare la palla senza mai guardarla, la testa già rivolta verso il compagno o la zona dove passarla. Con la fronte in direzione della porta avversaria. Passaggi indietro solo se strettamente necessari. Veloce, propositivo, elegante. Se la partita non fosse stata una delle più eccitanti degli ultimi tempi, sarebbe stato interessante concentrarsi solo su di lui. Sul suo modo di disegnare calcio. Determinato e chic. 

La posizione che gli ha assegnato Stramaccioni contro il Tottenham ha ridato equilibrio anche al resto della squadra. Gargano e Cambiasso, che hanno giocato una partita di sacrificio e corsa, hanno tratto beneficio dal suo modo sicuro di impostare il gioco. Soprattutto Gargano, meno adatto alla posizione di regista. Non male per un diciottenne. Non male per un Inter che proprio nel cambio generazionale ha trovato le sue difficoltà di identità più complesse. Divisa tra l'esperienza di giocatori come Zanetti e Cambiasso (capaci ancora di essere così determinanti) e il bisogno fisiologico di svecchiare le gambe e potenziare la corsa, ha spesso tentennato davanti all'opportunità di buttare in campo giovani ancora da formare. In questo conflitto Kovacic rappresenta una pedina importante. Perché se è vero che è stato preso per dare i contorni giusti al nostro futuro, è altrettanto vero che quello stesso futuro verso il quale ci tendiamo con trepidante sofferenza dipende ancora molto dal presente. Un presente da giocare al meglio. Con lo stesso cuore di giovedì. Con lo stesso orgoglio. E con lo stesso regista a centrocampo. Mateo Kovacic.

Twitter @SBertagna