editoriale

Non è un paese per l’Inter

Non è un paese per l’Inter. E non perché sia ingiusto infierire su una squadra che sta attraversando un brutto momento, immersa in un passaggio societario epocale, che non riesce più a produrre l’abc del gioco intravisto a inizio...

Sabine Bertagna

Non è un paese per l'Inter. E non perché sia ingiusto infierire su una squadra che sta attraversando un brutto momento, immersa in un passaggio societario epocale, che non riesce più a produrre l'abc del gioco intravisto a inizio stagione. La realtà va raccontata per quella che ci appare, anche se a volte può essere più o meno dolorosa. Senza la possibilità di consolazione alcuna. Quando non sei riuscito ancora a risolvere problemi antichi e già te ne si presentano di nuovi, quando l'anno zero è davvero l'anno zero e da quello non si può più scappare, quando tutto gira storto, leggere a caratteri cubitali la consacrazione dei tuoi fallimenti non aiuta. Sentenze legittime, intendiamoci. Perché siamo in un paese dove schierarsi è lecito, ma non mi inoltrerei troppo in panegirici sulla libertà di stampa. Siamo in un paese dove schierarsi è spesso mera convenienza. O calcolata necessità. Giudicate voi.

Non è un paese per l'Inter. In realtà non lo è mai stato. Storicamente i nerazzurri hanno sempre rappresentato la nota stonata, quella fuori dal coro. Che fossero primi in classifica o immersi nel limbo delle incertezze alla ricerca di un'identità non ha mai fatto differenza. Nessuna compiacenza, nessun asservimento da parte dei media. La crisi Inter poteva essere raccontata da uno semplice starnuto. Ovviamente destabilizzante. La Rosea è uscita due giorni fa in edicola con un titolo bello carico. Inter Zero Tituli. Un titolo beffardo, uno sfottò degno di un intercalare tra tifosi, un titolo che ai tifosi non nerazzurri avrà giustamente strappato un sorriso. Un titolo a doppio taglio, se ci pensiamo bene. È impossibile non ricordare l'invettiva di Mourinho sulla tendenza dei media a quella che lui aveva definito la prostituzione intellettuale. In poche parole quei Zero Tituli non avevano solo colpito l'orgoglio dei tifosi delle squadre che non avrebbero poi in quella stagione effettivamente vinto nulla, ma avevano accusato i giornali di informare secondo personalissimi criteri di preferenza. Di utilizzare due pesi e due misure a seconda della squadra in questione. Un'accusa confermata dal titolo della Rosea. Tuttora non digerita da chi fa questo mestiere.

Non è un paese per l'Inter. Perché all'Inter non si perdona nulla. Alle altre squadre invece sì. Basta fare un tour veloce nei titoli della storia recente per accorgersi che sconfitte ed eliminazioni peggiori sono state trattate con i guanti. Che a nessun'altra squadra il quotidiano nazionale sportivo riserverebbe un titolo che sfotte. Non è questo al momento il nostro problema principale? Beh, è una parte sostanziosa dei nostri problemi. Le nostre affermazioni non hanno credibilità. Alziamo la voce e ci viene detto di abbassare i toni. Non possiamo lamentarci di errori arbitrali grossolani perché non stiamo giocando bene. Ora più che mai, in piena definizione dei cardini della nuova società (Moratti non è più obbligato a rilasciare dichiarazioni, Thohir mantiene la promessa e parla solo attraverso i canali ufficiali) l'Inter è ancora più esposta. Alle chiacchiere che affermano tutto e il contrario di tutto. Ogni scenario sembra possibile anche se surreale. E chi ha il potere di alimentare queste voci semplicemente lo fa. Perché noi lo lasciamo fare o forse perché non abbiamo la forza per impedirglielo. Magari chi lo sa, un giorno le cose cambieranno. Entreremo in un bar, sfoglieremo una copia sgualcita di un quotidiano sportivo e leggeremo il titolo più azzeccato di sempre. Non è un paese per l'Inter. 

Twitter @SBertagna