editoriale

PUÒ BASTARE IL S(EDER)E?

L’Inter trasandata che si lascia andare alla volontà di Juve, Sassuolo e Lazio di turno non può essere quella vera. La scintilla che infuocava il gruppo e lo rendeva imperforabile sembra essersi spenta. La dea bendata si è voltata di...

Fabrizio Longo

L'Inter trasandata che si lascia andare alla volontà di Juve, Sassuolo e Lazio di turno non può essere quella vera.

La scintilla che infuocava il gruppo e lo rendeva imperforabile sembra essersi spenta. La dea bendata si è voltata di spalle e stanno venendo meno le giocate dei singoli che un tempo celavano, a suon di 1-0, i problemi strutturali mai negati alla squadra di Mancini. L'Inter è al terzo/quarto posto e in semifinale di Coppa Italia perché se l'è meritato, perché dispone di elementi che possono decidere le sorti di un match con una giocata e perché non c'è nessuno che si sia meritato, oltre a Napoli e Juventus, di stare davanti all'Inter. Ci hanno pensato a volte Jovetic, a volte Icardi, a volte Ljajic, spesso Handanovic. Tutti hanno dato il loro apporto alla causa, il problema è che non l'hanno fatto tutti insieme.

Sebbene la solidità difensiva sia sintomo di compattezza dal punto di vista del gioco, l'Inter che vanta la miglior difesa del campionato ha dimostrato di avere difficolta proprio nell'esprimere un gioco. La quadratura del cerchio non è stata ancora trovata, ed è un peccato considerando il valore della rosa, o almeno dei potenziali 11 titolari. L'Inter ha un portiere tra i migliori 5 al mondo, una coppia di centrali difensivi che fa invidia a minimo 18 squadre in Serie A, un centrocampo dal potenziale enorme ma inespresso (Brozovic, Kondogbia) e un attacco tra i più tecnici e completi del campionato (Perisic garantisce corsa e dribbling sulle fasce, Ljajic è un trequartista di grande qualità, Jovetic è una perfetta seconda punta e Icardi ha sempre saputo far gol). E allora sarebbe un peccato non centrare almeno il terzo posto: sarebbe un fallimento tecnico ed economico. È anche vero ,però, che l'Inter, a parte Napoli e Palermo, è sempre stata debitrice della fortuna. Il fattore C ha sempre celato le oggettive difficoltà strutturali di una squadra che non è padrona di nessuno, a tratti neanche del suo allenatore. La tanto apprezzata rotazione degli uomini sta diventando un limite adesso che ci sono da cristallizzare gli ottimi risultati ottenuti fin qui. Per farlo però, serve potersi affidare a qualcosa: a un' identità di gioco, ad un uomo carismatico, ad un titolare che faccia la differenza con continuità. Invece no, la fortuna e gli 1-0 stanno venendo meno: hanno accompagnato l'Inter e se ne sono allontanati a Gennaio, quando la quadratura del cerchio si sarebbe già dovuta trovare. Manca un progetto tecnico futuribile e che dia un'identità alla squadra, che troppe volte si è affidata ad uno dei singoli. La soluzione può essere Eder? Di certo è un'alternativa di qualità, un giocatore diverso dagli altri come detto dallo stesso Mancini ma un po' uguale a tutti gli attaccanti di cui gode già Mancini: può giocare sul l'esterno come Perisic, può sfornare assist come Ljajic, può supportare la punta come Jovetic e sa far gol come Icardi.Il vero problema però, non è ricercabile negli uomini ma nell' identità, quella che Mancini, finora un po' "protetto" e assecondato dalla fortuna, è ancora colpevole di non aver dato all'Inter.

Twitter @FabriJZLongo