editoriale

Quelli che il calcio…

Per descrivere ciò che siamo diventati abbiamo dovuto rispolverare termini a noi cari, diventati impropri. Desueti come medaglie piene di polvere che in tempi leggendari nemmeno troppo lontani avevano brillato senza esitazione. Siamo caduti molto...

Sabine Bertagna

Per descrivere ciò che siamo diventati abbiamo dovuto rispolverare termini a noi cari, diventati impropri. Desueti come medaglie piene di polvere che in tempi leggendari nemmeno troppo lontani avevano brillato senza esitazione. Siamo caduti molto in basso perché l'altezza dalla quale partivamo era notevole. Ma questo oggi non ci consola minimamente, se non nelle punte più nascoste del nostro orgoglio. Non ci consola perché non siamo precipitati con  sorprendente rapidità come farebbe qualcuno che vuol farla finita e anche in fretta. Siamo caduti, ma incredibilmente ci siamo anche sempre rialzati. Più stanchi, ammaccati e delusi. Ma convinti di potercela cavare ancora una volta. Non era vero. E oggi ci viene da piangere al pensiero che nessuno abbia preso atto di una fine già scritta da tempo.

I primi 15 minuti contro il Marsiglia raccontano una storia che i più esperti hanno già afferrato. Un'Inter che è lì ad un passo dalla rete che potrebbe sbloccare la gara, per due incredibili occasioni, ma non segna. Rimane appesa ad un'illusione maledetta che la accompagnerà per tutta la partita e che sulla pelle dei nerazzurri ricamerà una speranza folle e dolorosa. Una speranza chiamata Milito, la faccia della vecchia Inter, quella che non esiste più e che qualcuno ancora si ostina a vedere. Non c'è nulla dell'antica forza in questa partita dove i protagonisti più attesi (Wesley) sembrano sbiaditi, dove l'acquisto di maggiore impatto è una delusione sincera, dove l'equilibrio di squadra salta non appena una banale intuizione dell'avversario si fa strada verso la nostra porta. Tutto questo non ha niente a che vedere con una mancanza totale di volontà da parte della squadra. E' frutto della caduta, della perdita dei pezzi migliori e dello sconforto che ti bracca i pensieri migliori. Due gol spietati ci buttano fuori dalla Champions League. Il lutto non è nazionale come per l'uscita del Napoli, ma ai nerazzurri brucia. E tanto.

Ora ci vuole un atto estremo. Una linea che non ci si rimangerà alla prima delusione, ma che verrà perseguita con religiosa devozione. Decidere ora di un futuro prossimo per non rischiare di bruciare in attesa di miracoli che non possono più sorprenderci. E non vogliamo suggerire una strada piuttosto che un'altra. Se il terzo posto appare impossibile anche al Presidente è perché anche lui si è reso conto degli errori grossolani che sono stati commessi. Dell'impossibilità di ottenere risultati migliori da una rosa che obiettivamente ha già dato. Non sprechiamo altro tempo. Lottiamo fino in fondo. Decidiamo che cosa vogliamo fare da grandi. E per l'amor di Dio voltiamo finalmente pagina.

Twitter @SBertagna