E dopo due anni -come vola il tempo - ci siamo ritrovati come vecchi amici intorno al tavolino di un bar a condividere gli scatti più belli di un maggio da leggenda. Qualcuno la chiamerà anche patetica nostalgia, ma guardarsi in quelle fotografie a distanza di un po' di tempo non é stato per nulla patetico. In tutto questo tempo sono stati in molti a riempirsi la bocca con il termine triplete e a provare a declinarlo nelle proprie personalissime fantasie. Il triplete, quello vero, é un'altra cosa. E non é per tutti. Che cosa siamo diventati in questi anni é un po' difficile da riassumere in poche righe. Per un po' abbiamo semplicemente pensato che saremmo rimasti così, forti per sempre. O forse lo abbiamo sperato. Tipico di chi ha scritto la storia del calcio con parole nuove. Poi abbiamo capito che erano cambiate alcune cose, noi eravamo cambiati e già nel momento successivo non eravamo più gli stessi di prima. Troppo pieni di quell'impresa avevamo sacrificato sull'altare della gratitudine qualsiasi cattivo pensiero. Fare certe scelte il 23 maggio 2010 non era per nulla semplice.
editoriale
Scatti primaverili
E dopo due anni -come vola il tempo – ci siamo ritrovati come vecchi amici intorno al tavolino di un bar a condividere gli scatti più belli di un maggio da leggenda. Qualcuno la chiamerà anche patetica nostalgia, ma guardarsi in quelle...
Nell'anno che pensavamo fosse di transizione abbiamo quasi rischiato di vincere lo scudetto e abbiamo vinto la Coppa Italia. Nonostante le premesse disastrose. Perdevamo terreno, ma poi ne riacquistavamo qualche centimetro. E allora le nostre cadute sembravano meno gravi, anche se a rialzarci ci mettevamo molto più tempo di una volta. L'orgoglio copriva le mancanze in campo. Siamo quelli del triplete, ci sussurravamo come stessimo pregando. Ma non sempre era sufficiente. L'anno appena trascorso si é rivelato una brutta replica di quello cosiddetto di transizione. Una panchina incandescente, pochi innesti e non sempre funzionali. Idee confuse e la speranza che orgoglio e cuore potessero mettere una pezza là dove tutto il resto faticava a girare. Il risultato? Un mezzo disastro. Partite brutte e brutte sconfitte rischiavano ora di inquinare i ricordi più belli. La riconoscenza si stava trasformando in frustrazione. Improvvisamente tutto questo era inaccettabile. Dove era finita l'Inter?
Si mormora che molte delle cadute dopo il 22 maggio fossero una inevitabile conseguenza dell'addio di Mourinho. Ovunque vinca, poi fa tabula rasa. Questo argomento é uno dei più interessanti dell'interismo moderno. Quanto sentimento ancora ruoti intorno alla sua figura é incredibile. C'è chi continua ad amarlo e chi ha imparato ad odiarlo. Difficilmente qualcuno é riuscito a dimenticarlo. É fresca la sua notizia del rinnovo con il Real Madrid. La data ha poca importanza. Dipenderà da quanto in fretta avrà bruciato i suoi traguardi personali. La notizia che invece interessa i nerazzurri é un'altra. La conferma ufficiale che Stramaccioni sarà sulla panchina dell'Inter (una formalità?) anche per la prossima stagione. La sensazione é che la società si sia resa conto che non può più aspettare che gli eventi si stravolgano da soli. Che se si vuole tornare ad essere competitivi é necessario studiare le possibilità, accarezzare le idee, sceglierne gli interpreti più adatti. Tutte cose che negli ultimi tempi erano state procrastinate. Non potendo contare su introiti importanti le decisioni dovranno essere ancora più mirate. Funzionali ad un gioco e a degli obiettivi. Scattare sicuri verso una nuova meta per ricostruirci un futuro, per lasciare ancora un segno, perché siamo l'Inter e chiediamo solo di dimostrarlo. Anche se su quelle fotografie siamo venuti benissimo non siamo più gli stessi. Le conserveremo con la cura di sempre. Per non dimenticarci quello che siamo stati. E quello che forse un giorno (chissà), saremo di nuovo.
Twitter @SBertagna
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