PREMESSA - Lungi da me far polemica. Prendete ciò che scrivo come un semplice sfogo, una semplice confessione in queste sante giornate pasquali, ma soprattutto di intensa riflessione spirituale.
editoriale
Stavo meglio quando stavamo meglio…riflessioni del giorno dopo
PREMESSA – Lungi da me far polemica. Prendete ciò che scrivo come un semplice sfogo, una semplice confessione in queste sante giornate pasquali, ma soprattutto di intensa riflessione spirituale. Ok ammettiamolo. L’ultima sconfitta non...
Ok ammettiamolo. L'ultima sconfitta non mi ha fatto chiudere occhio. Mi fa ancora rabbia pensare alla Juventus, squadra più invisa al sottoscritto, uscire esultante dal Meazza. Il risultato di sabato è stata la goccia che ha fatto traboccare di brutto il mio 'vaso' della pazienza.
Ovviamente le colpe di questa ennesima tremenda stagione sono suddivise in percentuali: 80% società, 20% tecnico. Moratti&C, in tre anni sono riusciti ad annientare, a cancellare dalla faccia della terra una squadra che era sul tetto del mondo. Idee confuse, scelte su uomini che successivamente si sono rivelate sbagliate per la causa nerazzurra hanno fatto cadere l'Inter nel limbo in cui ci si era infilati nell'era pre-calciopoli.
Anche lo stesso Stramaccioni dal canto suo, nonostante la sua grande voglia, non è riuscito a dare un'identità a questa squadra. Il buon Sacchi che ne capisce sicuramente più di me direbbe: "tra i reparti non c'è connessione". Insomma, un po' per defezioni della rosa a livello qualitativo, un po' per infortuni (anche questo è vero e bisogna ammetterlo), questa Inter somiglia sempre più alla buon'anima della Reggina di Franco Colomba, o per essere più vicino ai nostri cuori, all'Inter di Cuper nella quale il buon Materazzi, con la sua 'sciabolata morbida' per il bomber Vieri, lasciavano più di un segno in campo: il loro marchio di fabbrica era il noto 'palla lunga e pedalare'.
Ad essere crudi e sinceri però, nell'odierna Inter non si riesce ad eseguire neanche questo semplice senso tattico. A dispensare palloni, spesso e volentieri ci si mette un tale Walter Gargano che di certo non eccelle per qualità. Se poi aggiungiamo un pizzico di 'Palito' Pereira, Ricky 'Slow Motion' Alvarez da Buenos Aires, Tommaso Rocchi da Venezia e Matias Silvestre 'Desaparecido', la frittata è cotta a puntino. Oh raga. In questa basilare ricetta culinaria non inserisco Jonathan. Il ragazzo ha fermato Gareth Bale e va solo rispettato. In tempi andati neanche un certo Maicon riuscì a compiere tale operazione.
Tornando a più dolorose realtà, in questa stagione che sta per volgere a termine, all'Inter servirebbero poche parole e tanti ma tanti fatti concreti. Tra il realismo e il disfattismo il passo è breve. Parliamoci chiaro, anche il terzo posto ad oggi sembra essere più di un'utopia. Credere che all'Inter, a fine campionato, riesca l'obiettivo di superare in classifica Fiorentina, Lazio, Milan o Napoli è al limite della follia . Se poi anche il freddo e riflessivo Samir Handanovic fa chiaramente capire che se non sarà Champions, non sarà neppure Europa League, a questo punto è lecito buttarsi anima e corpo sulla Coppa Italia, unico obiettivo sul quale gli StramaBoys possono credere realmente. Roma e Lazio permettendo intendiamoci.
In Corso Vittorio Emanuele sembra essere tutto indefinito e incompiuto. Se è vero che i vari Icardi,Campagnaro, Botta e Andreolli sono in cammino per la via di Appiano, è altrettanto vero che su molti altri fronti la società non ha ben chiari quali siano gli obiettivi e le idee più adatte per la rinascita.
In primis i dubbi nascono sul fattore stadio. Il tutto non è neanche agli albori, la zona sulla quale dovrebbe edificarsi la struttura non è di sicura collocazione,e di soci o società che dovrebbero aiutare Moratti a compiere tale progetto non se ne vede neanche l'ombra. Cinesi, russi, kosovari,albanesi, arabi, eschimesi, insomma tutto è finito in una brodaglia inconcludente e amara per il palato dei tanti tifosi. Qualche stagione fa si tentò addirittura un approccio con i mongoli, ma anche lì gli eredi di Gengis Khan che l'occhio ce l'hanno furbetto rispedirono al mittente l'allora amministratore delegato Ernesto Paolillo. Di quella missione fatta con l'affascinante Barbara Facchetti, c'è il solo ricordo sbiadito di una cordiale chiacchierata dietro una calda e gustosa bevuta di pregiato the orientale. Niente più.
Prima di congedarsi, sempre dello stesso Paolillo, non ci si dimentica dell'altra spedizione in Indonesia fatta lo scorso maggio, in pieno mese mariano. Tra camicie nerazzurre che farebbero rabbrividire anche il peggior stilista, e bancarelle fuori lo stadio che svendevano magliette tarocche della Beneamata, nelle casse della società entrò poco più di qualche spicciolo.
Ovviamente nulla è tutto da buttare, ma nello stesso tempo anche nelle cose positive e fatte egregiamente, noi interisti siamo bravissimi a complicarci la vita. Paolillo si è speso molto e bene nella cura del Settore Giovanile nerazzurro, invidiato in tutto il mondo per qualità e organizzazione. Peccato che da quest'anno l'ex amministratore delegato abbia dovuto cedere il posto a Marco Fassone, uomo chiamato da Moratti per mettere in sesto le casse societarie, e concludere le pratiche per la nascita del tanto agognato e sognato stadio di cui si è scritto in precedenza.
Strano che all'Inter, chi risulti essere bravo nel compiere determinate mansioni prima o poi venga svenduto per trenta denari (giocatori compresi), o mandato in esilio come il peggior dei Napoleone. Nei piani alti del palazzo di Corso Vittorio Emanuele, a stagione conclusa, dovrebbero porsi qualche domanda in più, magari trovando delle risposte che siano finalmente concludenti e più riflessive. Intanto ne faccio una io: "Perchè non si comincia, magari, a dare una rinfrescata e un nuovo assetto all'organigramma societario?". Sarebbe già un bel passo avanti. Sapete, il prossimo anno non vorrei ritrovarmi in giornate sante come queste passate, a fare le medesime sviolinate.
Buon lunedì dell'Angelo.
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