editoriale

Un anno no

L’impressione impigliata in un groviglio di frustrazione è sempre la stessa. Scatto dopo scatto l’Inter appare stanca, lenta e svuotata. Ogni momento negativo assurge a fotografia della stagione e tutti sono piuttosto esemplificativi....

Sabine Bertagna

L'impressione impigliata in un groviglio di frustrazione è sempre la stessa. Scatto dopo scatto l'Inter appare stanca, lenta e svuotata. Ogni momento negativo assurge a fotografia della stagione e tutti sono piuttosto esemplificativi. Un rigore sbagliato, l'ennesimo cross troppo arretrato a cercare i nostri attaccanti che invece sembrano defilarsi, un giocatore che, se proprio deve scegliere, quella soluzione tattica lì preferirebbe proprio non interpretarla. No, non stiamo parlando di Eto'o che il terzino sinistro lo faceva e suo malgrado anche con ottimi risultati. Stiamo parlando di Forlan. E a poco servono le spiegazioni sul chiarimento tattico che lui e Ranieri avrebbero avuto prima che per la sostituzione venisse designato Luc Castaignos. C'è qualcuno in campo che ha 38 anni e che non accenna a rallentare le sue incredibili corse e che si mangia ancora il campo come un ragazzino. E poi c'è qualcuno che tutto sommato non disprezza la panchina. Talvolta il giudizio in panchina è molto meno crudele di quello del campo. E qualcuno la chiama lealtà.

C'è che a furia di ripeterci che questo è un anno no, ci stiamo costruendo un alibi perfetto. Perché se è vero, come è sostanzialmente vero, che la squadra è nel pieno di un crollo vertiginoso di forma e contenuti, che i rinforzi non sono stati probabilmente all'altezza e che non ce ne va bene una, beh cosa facciamo? Incrociamo le braccia e speriamo che la fine del campionato la fischino con qualche giornata di anticipo? Questa mediocrità è troppo fastidiosa per essere accettata a braccia conserte. Come una divina sentenza in una domenica sempre meno sacra. Come il destino fatale al quale non ci si vuole opporre. E non ci sembra credibile che tutto quello che stiamo vedendo sia il massimo che questa squadra può dare. Se in allenamento il gruppo brilla e in partita no, c'è comunque un problema. L'alibi è lì a portata di mano. Ne conosciamo le sfumature più intime perché sta diventando parte di noi. In quell'alibi ci stiamo specchiando in maniera pericolosamente lasciva.

E mentre sugli spalti una sensazione negativa percorre i tifosi come un brivido non richiesto, la palla fa esattamente quello che non dovrebbe fare. Non entra. Anche il rigore sbagliato fa parte dell'anno no. Quanto pesa questa consapevolezza sui giocatori? Quanto li sprona? Quanto li mette al riparo da eventuali critiche? Nessuno pretende una rimonta dal sapore anacronistico, né un mutamento genetico. Ma se continuiamo a giocare così (vedi una fotografia a caso dell'album Anno No) rischiamo di perdere o se va bene di pareggiare buona parte delle prossime partite. Al momento non vediamo come sia possibile vincerne una. Questa sensazione ci preoccupa come poche altre. Non gli zeru tituli. Non l'uscita dalla CL. Non il ridimensionamento di un sogno. Ci preoccupa sapere che l'anno no potrebbe non esaurirsi al fischio di fine stagione. Perché alla fine di questa stagione dobbiamo ancora arrivarci. Anche se non abbiamo la più pallida idea di come farlo.

Twitter @SBertagna