editoriale

Vado al massimo

Troppo spesso ci dimentichiamo che il calcio è anche questo. Emozione. E non mi riferisco alla felicità banale che ci avvolge quando la nostra squadra vince, quando si prende una rivincita sulla rivale di sempre o quando si stringe forte il...

Sabine Bertagna

Troppo spesso ci dimentichiamo che il calcio è anche questo. Emozione. E non mi riferisco alla felicità banale che ci avvolge quando la nostra squadra vince, quando si prende una rivincita sulla rivale di sempre o quando si stringe forte il trofeo appena conquistato. Mai come in un anno foriero di cadute e insuccessi questa teoria rappresenta una sorprendente verità. In un paese come l'Italia, dove la cultura del risultato offusca qualsiasi altra visione, è profondamente difficile che una squadra che non raccoglie risultati non subisca il malumore dei propri tifosi. E a volte impegnarsi di più, cercare di combattere la cattiva sorte e metterci il cuore non è sufficiente. Quando non vinci nulla è abbastanza.

"Ci voleva qualcosa di nuovo, che desse una scossa all’ambiente. Almeno ora ti alzi al mattino e c’è qualcosa di nuovo." Ci è voluto davvero un attimo perché il senso di questa frase, pronunciata dal Presidente Moratti, venisse stravolto. Cambiare spesso allenatore è universalmente riconosciuto come un sintomo di instabilità nonché di indole capricciosa. Ma a leggere la situazione da un altro punto di vista, quello più prettamente emozionale, questa frase assume sfumature molto diverse. Una visione forse troppo romantica del calcio, il bisogno di innamorarsi a tutti i costi di un'idea o di un uomo che si batta per metterla in pratica, la non rassegnazione di fronte ad una squadra che per una serie di motivi è impossibilitata nel disegnare quel calcio divertente e a tratti epico al quale ci aveva abituato. Che cosa in questi desideri non vi è chiaro? Che cosa vi suona falso, anacronistico o superato? Quali parole vi sembrano azzardate?

Ma la domanda più appropriata per questa nuova situazione, che ha visto l'Inter congedare Ranieri e promuovere il giovane e promettente Stramaccioni, è un'altra. Quell'entusiasmo che alcuni hanno irriso e taluni hanno giudicato ridicolo e forse patetico ha innescato una reazione dalla portata pazzesca. Nel giro di 24 ore l'ambiente nerazzurro è stato travolto da un'aria frizzante che non solo profumava di primavera, era la primavera. A poche ore dall'annuncio i social più frequentati sono stati invasi da auguri carichi di buonumore. Parole che sorridevano e che non si vergognavano di farlo. Chi critica Moratti per aver ceduto alla tentazione di cambiare (tentazione con la quale l'Inter si è spesso dovuta confrontare nella sua storia) deve tener conto anche di questo. Della reazione del popolo nerazzurro, che in questa settimana si è riavvicinato alla sua squadra. Tifosi curiosi e trepidanti per la prima di Strama. Un'attesa che li fa sentire vivi. E attenzione a scambiare questa euforia per aspettative. Il tifoso nerazzurro mediamente razionale non pensa di poter stravolgere il destino di questa stagione. Ma, come Moratti, aveva profondamente bisogno di riavvicinarsi alla sua squadra. Di ritrovare il giusto fremito. E di non accontentarsi di un finale di stagione già scritto. Provare a riscrivere la propria storia fa parte del nostro Dna. Pazzo chi non lo capisce.

Twitter @SBertagna