editoriale

Vincere è l’unica cosa che conta?

Vincere è l’unica cosa che conta. Senza cadere nel facile moralismo vincere è importante per tutte le squadre. Per chi è solito coltivare tante ambizioni quanto per chi mira alla salvezza. Alla fine della partita contro il Cagliari,...

Sabine Bertagna

Vincere è l'unica cosa che conta. Senza cadere nel facile moralismo vincere è importante per tutte le squadre. Per chi è solito coltivare tante ambizioni quanto per chi mira alla salvezza. Alla fine della partita contro il Cagliari, l'Inter, che si è vista negare la vittoria da un gol fortuito rotolato su un campo indegno, era amareggiata. Il pareggio di per sè non rappresentava un risultato negativo in assoluto, lo era diventato al netto delle azioni create in quei 90 minuti. Distrutte da un tiraccio deviato. Ma il calcio è anche questo e alla fine di partite così, che nonostante tutto governarle non è possibile fino in fondo, non è presunzione affermare che si sarebbe meritata una vittoria. Tant'è. Si volta pagina e si guarda alla prossima sfida.

Vincere è l'unica cosa che conta. Per alcune squadre questo è addirittura un mantra, meritevole di essere ricamato sulla propria maglia. A volte lo è non solo nelle parole, ma anche nei fatti. E quindi nessuno si è sentito in dovere di ammettere che una vittoria di misura con un gol in fuorigioco nel derby non fosse esattamente il modo migliore per portare a casa i tre punti. A Torino, almeno, nessuno lo ha detto. Un po' come succede in età prescolare si è preferito additare altre situazioni dubbie, altri falli non fischiati e invocare automaticamente l'antica legge della compensazione. Che nel calcio non esiste. Perché un errore da una parte e uno dall'altra fanno semplicemente 2 errori. Non zero.

Vincere è l'unica cosa che conta. Ma a volte è così tremendamente faticoso. E quindi va bene anche un pareggio. Soprattutto se arrivato all'ultimo momento. Che lo si sia guadagnato con un rigore inesistente è anche questo solo un piccolo dettaglio. Qualcuno ha coniato per l'occasione la definizione di "rigore meritato", altri senza troppi veli hanno applaudito a quel caracollare furbesco di Mario con ammirazione. Anche il successivo gesto di zittire il popolo avversario non è dispiaciuto per nulla. Ed è qui che l'orgoglio nazionale sfoggia il peggio di sè. Perché a volte vincere non è l'unica cosa che conta. A volte vantarsene, anche quando il silenzio sarebbe la scelta più dignitosa, è decisamente più allettante. Così tanto italiano. Così poco sportivo.

Twitter @SBertagna