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Belfodil: “Questa la regola, l’anno scorso l’eccezione. Mazzarri chiede…”

Lunga intervista di Ishak Belfodil a Tuttosport. Tra fede, campo e futuro, il centravanti algerino si confessa dalle colonne del quotidiano torinese in vista di Inter-Roma: Belfodil, pronto per sfidare la Roma capolista? «L’anno scorso ho fatto...

Daniele Mari

Lunga intervista di Ishak Belfodil a Tuttosport. Tra fede, campo e futuro, il centravanti algerino si confessa dalle colonne del quotidiano torinese in vista di Inter-Roma:

Belfodil, pronto per sfidare la Roma capolista?

«L’anno scorso ho fatto gol ai giallorossi in un Parma-Roma 3-2, ma loro avevano una formazione ben diversa. La Roma oggi è una bellissima squadra che gioca bene a calcio. Inoltre conosco bene Garcia: in Francia ha fatto sempre bene in tutti i club in cui è stato, sapevo che avrebbe fatto bene anche in Italia. Le sue squadre hanno un gioco efficace, se la Roma è prima davanti a Napoli e Juventus, le altre due squadre che temo di più in campionato, ci sarà un motivo».

Come sta l’Inter? L’inizio è stato molto positivo...

«Io non sono sorpreso della nostra partenza, piuttosto lo ero la scorsa stagione, quando vedevo l’Inter a metà classifica. Adesso abbiamo rimesso le cose a posto, ma la strada è lunga: anche un anno fa l’Inter partì forte e poi...».

Una gara da titolare, una manciata di minuti col Catania e quattro panchine: è complicato trovare spazio in un’Inter che gira a mille?

«Sì, soprattutto perché ci sono poche partite. In attacco siamo cinque e i posti sono pochi».

Il fatto di aver svolto una preparazione a singhiozzo per seguire il Ramadan ha pesato sul suo rendimento?

«Sì, ha pesato così come nelle stagioni scorse. Non voglio usarlo come scusa se quest’anno va meno bene. Anche a Parma ho avuto difficoltà nelle prime settimane, ma poi mi sono ripreso. Se faccio fatica, non mi metto in testa che la colpa sia del Ramadan: per me è anche più importante del calcio».

Quanto conta la Fede nella sua vita?

«Mi ha aiutato molto nel percorso formativo. Se si rispetta la religione, bisogna essere seri ogni giorno e questo di conseguenza aiuta a essere un calciatore professionista. Non si va in giro a fare baldoria, non si fanno cose che stancano e che poi non ti permettono di allenarti al meglio. La religione mi aiuta quotidianamente per avere equilibrio: se tutto va bene, non mi monto la testa o faccio il fenomeno, se tutto va male, non mi abbatto e rimango sereno».

Anche Donadoni è stato fondamentale per la sua esplosione?

«A Parma ho trovato un allenatore che mi capiva e sapeva aiutarmi. È anche merito suo se sono arrivato all’Inter. Se l’avessi ascoltato di più, potevo crescere e migliorare maggiormente».

Un impatto differente rispetto a quello avuto a Bologna con Pioli.

«Ero più giovane e appena sbarcato in Italia. Quando difendevo non ero mai al posto giusto, sul piano della tattica, da zero a dieci, ero tre. Pioli si giocava la salvezza e ha preferito non correre rischi».

Con Mazzarri invece come va?

«Si lavora molto, non lascia niente al caso, controlla e cura ogni dettaglio. Il mister è molto presente, è scrupoloso. A un attaccante chiede molto sacrificio, però poi urla di buttarla dentro. I suoi attaccanti hanno sempre segnato tanto, speriamo accada la stessa cosa qua all’Inter».

Lei in quale ruolo preferisce giocare?

«Dipende. Quando gioco da prima punta, cerco il gol. Quando faccio la spalla o l’attaccante esterno, mi allontano dall’area, cerco più l’assist e perdo di vista la porta. È come se mi sentissi attaccante solo quando gioco centravanti».

Per i francesi lei è l’erede di Benzema.

«Un’etichetta che non mi pesa, ma che fa piacere. Però in Francia, se uno gioca al Lione, fa l’attaccante e ha origini algerine, viene subito paragonato a Benzema... Il mio idolo, però, resta Ronaldo, il Fenomeno».

Ma è vero che il Lione l’ha scoperta in una banlieue parigina?

«Se uno abita a Parigi, in periferia, gioca per forza in strada. È una scuola, si impara molto tecnicamente, a saltare l’uomo, nessuno ti chiede i tagli difensivi o la tattica. Ero iscritto a una squadra di un paese vicino a Parigi, però gli amici più “anziani” con cui giocavo in strada mi spinsero a provare per una grande squadra e alla fine li ho ascoltati».

Senza calcio chi sarebbe oggi Belfodil?

«Un calciatore. Non avevo altro in testa. A scuola fino a 13-14 ero abbastanza bravo, ma più passavano gli anni, più aumentava la voglia di pallone».