Dal sito del Corriere della Sera un bell'articolo di Tommaso Pellizzari riassume la partita di ieri e traendone spunti sulle diverse strategie societarie di Inter e Roma: «Poche partite hanno avuto la forza metaforica di quella fra Roma e Inter giocata domenica 5 febbraio. All'Olimpico si sono ritrovate le due squadre che dopo aver dominato il calcio italiano (contendendosi quattro scudetti e 5 Coppe Italia tra il 2004 e il 2010) hanno iniziato questa stagione con la consapevolezza della fine di un ciclo. Alla Roma era finita l'era della famiglia Sensi con il conseguente arrivo della nuova proprietà americana. All'Inter già dall'anno scorso era chiaro che la Coppa Italia 2011 era il colpo di coda finale di una squadra straordinaria, salita in cima al mondo dopo l'epico triplete mourinhano.Il 4-0 dell'Olimpico è un verdetto chiarissimo e inequivocabile su quale delle due strategie di rinnovamento scelte si sia dimostrata vincente. Da un lato, la proprietà straniera ha scelto di partire da un'idea forte (un certo tipo di gioco) e da questo far discendere tutto il resto. Certo, è la stessa squadra che quattro giorni prima aveva fatto una pessima figura a Cagliari, quindi è piuttosto fondato il sospetto che l'Inter abbia dato una bella mano. D'altronde, il filotto di 7 vittorie che aveva tolto la squadra di Ranieri dalle zone basse della classifica poteva avere illuso solo chi non aveva visto le partite. Mai era apparsa un'idea di gioco, mai la squadra aveva dato la sensazione di avere recuperato l'antica grandezza. Né così avrebbe potuto essere, perché l'Inter per rinnovarsi ha scelto una strategia specularmente opposta a quella della Roma. Nessuna idea forte di partenza, esemplificata dalla (non) scelta estiva dell'allenatore. Poi l'arrivo di Gasperini, testardo portatore di un sistema di gioco incompatibile con la rosa. Poi l'arrivo di Ranieri (bravissimo nel far risalire le squadre, molto meno a tenerle in alto), che riporta l'Inter al 4-4-2 che era sì nel Dna originario del gruppo, ma stravolto dalla riconversione al 4-2-3-1 di Mourinho che aveva portato l'Inter là dove non arrivava da quasi mezzo secolo.Il ritorno al passato tattico e le scelte di mercato in uscita e in entrata (che non hanno mai dato l'idea di assecondare un progetto per il futuro) hanno finito per ottenere un doppio risultato: da una parte la convinzione - fuori dalla realtà - del gruppo storico di essere ancora competitivo ad alto livello. Dall'altra, la trasformazione di Sneijder: da unico fuoriclasse a problema tattico. Ma non bisogna essere dei geni del calcio per capire che se Sneijder è un problema, il problema non è Sneijder. O allora, se l'olandese è un problema, lo si vende a 30 milioni, invece di tenerlo in panchina. Con tutte le differenze che ci possono essere a livello di società, rosa, ambiente e storia, il 4-0 dell'Olimpico è per l'Inter al tempo stesso una lezione e un'occasione di rimpianto: per quello che poteva (anzi, avrebbe dovuto) essere fatto e si è continuato a rimandare: decidere di ricominciare da zero, dirlo con chiarezza alla tifoseria e difendere la scelta fino in fondo. Certo, può non essere facile se poi lo scudetto torna a essere affare solo di Milan e Juventus: ma non è esattamente quello che sta già succedendo e continuerà a succedere?»
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