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CorSera: «La curva lo insulta e addirittura espone banane. Ma Mario…»

Balotelli al Milan rappresenta non solo un passaggio di casacca difficile da digerire per molti tifosi nerazzurri, ma anche un drastico cambio di rotta per molti media che prima non perdevano occasione di sottolinearne le scelleratezze dentro e...

Lorenzo Roca

Balotelli al Milan rappresenta non solo un passaggio di casacca difficile da digerire per molti tifosi nerazzurri, ma anche un drastico cambio di rotta per molti media che prima non perdevano occasione di sottolinearne le scelleratezze dentro e fuori dal campo, ora lo vedono come modello del Redemptor Hominis, il ragazzo ora è oggettivamente cambiato. Ne abbiamo un fulgido esempio sul Corriere della Sera di oggi, che rammenta il gesto più brutto fatto da Balotelli con la maglia nerazzurra (Inter-Barcellona 3-1, 20 aprile 2010) come se stesse narrando di un episodio disperso nelle memorie dei tempi, così distante da essere difficile persino da ricordare. Scrive infatti Ravelli: «La curva interista, quella della maglia gettata a terra l’altra volta che il Barcellona era passato di qua rimediando una figuraccia, è lontana una vita, un po’ come la prima media, le impennate coi motorini, la stupidera dell’età dei brufoli lo sono dall’università, l’appartamento da soli e la prima storia d’amore importante. In mezzo, c’è l’esame di maturità che chiedeva Massimiliano Allegri. Il ragazzo entra con la faccia rivolta solo verso il futuro, le spalle a tutto quello che è venuto prima di oggi e un applauso ai suoi nuovi tifosi per far capire subito che no, il profilo basso non fa per lui... Soprattutto, sta lontano dalle risse, non cerca di strafare, corricchia come o forse più del solito, sembra. Quando l’arbitro fischia la fine, solo allora il ragazzo si guarda indietro: cammina a ritroso, occhi fissi alla curva, ascoltando il solito insulto, con l’evidente tentazione di reagire. Ricacciata, a fatica, dentro. Quindi Balotelli Mario maturo: dentro le righe, senza buffonate, senza eccessi, ma anche senza guizzi e senza il marchio della diversità e dell’eccellenza sulla partita».