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Moratti jr: “Io e Thohir in sintonia per l’Inter. Sullo stadio e il derby…”

E’ un libro aperto, Angelomario Moratti, nella sua intervista alla Gazzetta dello Sport: “Io e Thohir siamo diversi per filosofie? La differenza sta soprattutto nel vissuto: il valore aggiunto di Thohir può consistere proprio nel suo...

Riccardo Fusato

E' un libro aperto, Angelomario Moratti, nella sua intervista alla Gazzetta dello Sport: "Io e Thohir siamo diversi per filosofie? La differenza sta soprattutto nel vissuto: il valore aggiunto di Thohir può consistere proprio nel suo essere “altro” rispetto a quel passato, così da poterlo affrontare e vivere con più lucidità. Ci saranno rivoluzioni in società?  Ci saranno tempi dovuti - e potranno anche essere diversi in base ai ruoli e alle competenze - per verificare chi lavora all’Inter: nessuno sarà giudicato a priori, ma solo attraverso il suo lavoro, appunto. Cosa ne penso sullo stadio?  Sono dieci anni che ci lavoriamo e abbiamo già degli studi pronti, ma questo è il momento di aspettare: di assestarsi, vedendo come migliorare San Siro. Però resto dell’idea che l’Inter debba avere una sua casa, che il tifoso debba entrare allo stadio come se fosse casa sua e che la casa dell’Inter difficilmente possa essere San Siro risistemato: è una struttura poco rinnovabile e sarebbe comunque da condividere. Anche in questo c’è stata sintonia con Thohir: non è una priorità immediata, tutto andrà fatto con i tempi giusti. Thohir?  entusiasta, umile, rispettoso e lavoratore. Si spende tantissimo per capire, soprattutto le cose che conosce meno: ci si butta proprio a capofitto, per colmare i suoi vuoti. Ma si può essere stakanovisti anche in punta di piedi, per questo la sua filosofia, più che parola d’ordine, è quella che abbiamo scelto insieme: evolversi rispettando il passato. Mi chiama brother?  We work together , lavoriamo insieme. E ogni tanto sì, mi chiama brother . A volte anche sir : è una delle forme di quel rispetto che le dicevo. Cosa mi ha detto dopo il derby?  Era decisamente felice e non c’era bisogno che me lo dicesse: si vedeva”