Lorenzo Casini, neo presidente della Lega di Serie A, ha concesso un'intervista al Corriere dello Sport: "Mi ha convinto quanto il calcio potrebbe fare, e ancora non fa, per il Paese. Non dico ovviamente solo in termini economico-finanziari e di indotto. Ma in quanto risorsa "pubblica". È un'opportunità che non voglio perdere".
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Casini: “Inter e Milan si aspettavano un presidente diverso, nulla di personale”
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Il primo che ha pensato a lei è stato De Laurentiis?
"Sono stati in più a chiedermi una disponibilità. Alla fine tutto il gruppo degli undici che mi hanno votato. Li ringrazio di cuore per aver puntato su di me. Ma sia prima, sia dopo l'elezione ho parlato con tutti. Non sono il riferimento di un club o di una maggioranza, ma di tutta la serie A".
Eppure la sua elezione si racconta come la vittoria dell'asse Napoli-Roma-Firenze contro i grandi club.
"Tra gli undici ci sono anche proprietà americane, che sono stato felice di conoscere. La Juventus si è astenuta, ma poi mi ha manifestato supporto, e in questi giorni ho scambiato punti di vista con loro. L'Inter e il Milan immaginavano un profilo diverso, me lo hanno detto, ma nulla di personale".
Ma la Lega ha bisogno di uno come lei?
"Credo di sì. Ci aspettano riforme normative importanti, un riassetto organizzativo e la ripresa di rapporti istituzionali costruttivi. Un giurista con un'esperienza di governo può essere utile".
La serie A è entrata nella cruna stretta della pandemia con un debito di quattro miliardi, e con l'idea di coprirli giocando d'azzardo, mettendoci una toppa con le plusvalenze. È guaribile un sistema messo così?
"Il sistema va migliorato. E le prime a volerlo sono le società. L'indebitamento parte da lontano. Quanto alle plusvalenze, non è un fenomeno solo italiano. Lo affronterò, insieme con i presidenti, con la giusta misura. Realizzare profitti da una compravendita resta un sano obiettivo d'impresa".
Ma come si riagganciano i contratti milionari al reale valore sportivo? I tetti ai salari degli spagnoli hanno fatto scappare Messi.
"Il costo del lavoro è oramai una componente troppo onerosa rispetto ai ricavi, arrivando a sfiorare in alcuni casi l'ottanta per cento dei costi complessivi. Dovrebbe scendere, per essere sostenibile. C'è da valutare una riforma delle tipologie contrattuali, ma senza fughe in avanti. Perché un sistema complesso richiede rimedi ben calibrati".
C'è chi propone di stimare il valore di un calciatore, misurando con un algoritmo la sua età, l'esperienza, la qualità della prestazione e la durata dei contratti. Che ne pensa?
"Be’, nel calcio la logica predittiva non può prescindere da una dose di fantasia. Ci sono già indicatori che valutano il valore dei campionati, il Playerank, ma è più difficile farlo su un singolo giocatore. Una quota di imprevedibilità va preservata".
Ma un calcio che paga stipendi improbabili e cambia allenatori come fossero figurine ha diritto di chiedere ristori al governo?
"L'ho detto in assemblea: la serie A non dovrebbe chiedere ristori a fondo perduto. Occorre partire da modifiche normative per aumentare i ricavi. E poi vanno studiate e proposte misure fiscali, come la deducibilità dell'Irap o forme di tax credit, che potrebbero sì avere un costo per l'erario in una prima fase, ma produrre saldi positivi più avanti".
Molte proprietà vengono qui per fare gli stadi e poi scoprono che in Italia c'è il trucco.
"Sugli stadi mi colpiscono due cose. Hanno un’età media di oltre sessant'anni anni, e in nove casi su dieci non sono dotati di impianti efficienti sotto il profilo energetico. Il Piano nazionale di ripresa e resilienza, il cosiddetto Pnrr, può essere un'occasione per riqualificarli. Non possiamo perderla. Lo stadio è una risorsa, non solo in senso sportivo. È anche un'infrastruttura di potenziamento tecnologico ed è un potente luogo di inclusione sociale".
Il campionato italiano ha perduto mordente. I playoff potrebbero rivitalizzarlo?
"Anche i playoff hanno pro e contro. Il rischio è che perda interesse la regular season. Sono proposte che si possono valutare, a patto che la Lega abbia un peso decisionale e una posizione condivisa".
Le squadre italiane sono quasi tutte fuori dall'Europa. Come si rialza l'asticella della qualità?
"Con tutto quello che fin qui abbiamo detto. Ma anche con un investimento che parta dal settore giovanile e scolastico, come la Figc vuole fare, rafforzando il collegamento tra vivai e territori. Penso anche al progetto della Lega Pro sulle squadre dell'Under 23, molto interessante e da valutare con attenzione. Ma non dimentichiamo che abbiamo vinto l'Europeo. E anche il calcio femminile è in forte crescita".
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