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CorSera – Con Thohir trattativa che va avanti, ma Moratti non molla la presa…

La trattativa con Erick Thohir per la cessione delle quote azionarie dell’Inter va avanti, senza frenate e senza accelerazioni, ma è come se la squadra e tutto San Siro, nel rispetto dei ruoli, si fossero messi d’accordo per far...

Francesco Parrone

La trattativa con Erick Thohir per la cessione delle quote azionarie dell’Inter va avanti, senza frenate e senza accelerazioni, ma è come se la squadra e tutto San Siro, nel rispetto dei ruoli, si fossero messi d’accordo per far cambiare idea a Massimo Moratti. Il prologo ha riportato il presidente ai tempi nei quali vinceva tutto, triplete compreso. Uno striscione per convincerlo a cambiare idea sarebbe stato troppo banale. E allora lo stadio ha scelto una via trasversale, facendo leva sui ricordi. Dejan Stankovic, che era arrivato a Milano il 31 gennaio 2004 e che a giugno è stato costretto al divorzio per problemi fisici legati ad una carriera logorante, costruita sulla tecnica e sulla corsa, da vero giocatore universale in anticipo sui tempi, ha voluto salutare i tifosi interisti, e la curva Nord gli ha regalato un’ovazione che farà fatica a dimenticare e che è stato anche un modo per ringraziare Moratti, per quanto ha fatto in questi anni.

A salutare e a consegnare a Stankovic la maglia con le sue presenze nell’Inter, si sono ritrovati Mario Corso (ieri 72 anni), Ivan Cordoba, Javier Zanetti e Diego Milito, un pezzo di storia interista, che non può aver lasciato indifferente Moratti. Aveva 13 anni, il presidente, quando Corso aveva esordito nell’Inter, giocando ancora con i ragazzi (prima e ultima volta), nell’anteprima della partita con il Brasile (poi campione del mondo); l’aveva visto presentarsi a S. Siro e, al ventesimo dribbling, far uscire il suo avversario diretto per disperazione. Corso ha segnato tutta la giovinezza di Moratti, alimentando una passione per l’Inter, che non è mai sfiorita e che non passerà nemmeno quando arriverà Thohir.

Prima ancora che tutto cominciasse, Moratti aveva accettato di fare il punto della situazione: «La mia ultima partita da presidente? Non è bello e non mi piace dire ultima; non credo nemmeno che sia così... È un momento di discorsi con l’altra parte verso un accordo che per il momento non è stato raggiunto; se andremo avanti bene, altrimenti tutto rimarrà immutato, per la delusione di chi ne parla». E sulla campagna acquisti aveva detto: «È stata razionale e non condizionata da niente; ma soltanto dalla spesa e dalle entrate. Sono comunque più alte le voci relative alla spesa, rispetto a quelle relative alle entrate».

Non proprio una novità in 18 anni di presidenza. Poi è arrivata la partita con il Genoa, che, al di là della vittoria, ha dato l’impressione di segnare la partenza di una nuova stagione nerazzurra e che ha ricordato il 2-0 al Parma del 13 settembre 2009, quando in panchina c’era Mourinho (stesso canovaccio). Il clima di entusiasmo intorno alla squadra aiuterà il presidente a valutare bene in che modo concludere questo passaggio di quote azionarie. Resta il fatto che, dopo essersi controllato sul primo gol, sul 2-0 di Palacio ha esultato insieme con la moglie e il figlio, Angelomario, che del club è il vice-presidente. Come ai vecchi tempi. Con un pensiero a Eto’o: «Vediamo che cosa succede in questi giorni. Lui è a Milano, ma spesso è qui». La trattativa è complicata, ma non si sa mai.