I vecchi stadi italiani vengono riempiti al 50%, un disastro, rispetto a Germania o Inghilterra. In compenso i cassetti sonopieni di idee, progetti, visualizzazioni, scartoffie burocratiche. Perché le società che hanno valutato di cambiare casa o almenodi ammodernarla, sono la maggioranza. La Juventus ha segnato la via e il peso sul bilancio del primo anno di vita dello Stadium (34.6 milioni di fatturato) rende evidente un concetto: l’impianto di proprietà è l’unica via di salvezza per le squadre, soprattutto se il rubinetto d’oro delle tv a pagamento si dovesse chiudere nel 2015, quando verranno ridiscussi i contratti.
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CorSera – Nuovi impianti, tanti progetti e idee per i club di A…
I vecchi stadi italiani vengono riempiti al 50%, un disastro, rispetto a Germania o Inghilterra. In compenso i cassetti sono pieni di idee, progetti, visualizzazioni, scartoffie burocratiche. Perché le società che hanno valutato di cambiare...
Ma è già tardi e solo l’Udinese ha fatto uno scatto in avanti e nel 2014 avrà un nuovo «Friuli». Il patron Pozzo con la collaborazione del sindaco Honsell ha trovato dopo anni di palleggiamenti, la soluzione: il club bianconero ha ottenuto la concessione del diritto di superficie sull’area dello stadio per i prossimi 99 anni. Non si può parlare di un impianto di proprietà, ma nella realtà lo sarà. Il costo delle opere di ammodernamento è conveniente: la spesa di partenza è di 26 milioni, più altri investimenti attorno allo stadio, che manterrà il caratteristico «arco» della tribuna centrale e perderà la pista d’atletica. I lavori iniziano in estate e dureranno un anno.
L’Udinese giocherà un campionato nell’impianto a capienza ridotta, ma si ritroverà un gioiellino da 25mila posti al coperto.Quella di Udine potrebbe però non essere l’unica novità. Il condizionale è d’obbligo ma le possibilità che il Sassuolo giochiil suo primo campionato di serie A allo stadio «Giglio» di Reggio Emilia sono molto alte. Che poi patron Squinzi decida di comprare quello che era passato alla storia come il «primo stadio di proprietà» in Italia (della Reggiana nel 1995) è un’ipotesi tutt’altro che remota. Il costo dell’operazione, per un impianto che ha bisogno solo di piccoli lavori di ammodernamento, si aggira sui 4.5 milioni: per giocare negli ultimi cinque anni al «Braglia» di Modena, il Sassuolo ne ha spesi 2.5.
L’impianto, che potrebbe chiamarsi «Mapei Stadium» diventerebbe anche una casa dei concerti e potrebbe diventare unpolo di rilancio per una zona messa a dura prova dal terremoto. La griglia di partenza degli stadi per il resto è abbastanza bloccata. Dietro a Udinese e Sassuolo ci sono Palermo e Catania. Anche qui sarebbe decisivo il ruolo dell’amministrazione locale, in questo caso la Regione, che forte della propria autonomia è pronta ad accelerare. Con qualche compromesso intelligente: il Catania Stadium a Librino avrà al suo interno anche gli uffici comunali, mentre l’impianto del Palermo (costo stimato: 200 milioni) sorgerà allo Zen, con l’obiettivo di una riqualificazione urbanistica del quartiere.
La Roma made in Usa ha individuato l’area di Tor di Valle per il progetto dell’architetto Dan Meis. Se tutto va bene, dalpunto di vista dei permessi e delle valutazioni idrogeologiche, per il 2016 ci potrebbe essere il nuovo impianto. La Lazio, cheera stata tra le prime a muoversi, è rimasta più indietro, ma almeno ha già pronto il nome: «Stadio delle Aquile». A Genova, la Sampdoria vuole rifarsi casa nella zona della Fiera.
Il Genoa resterebbe al Ferraris. Il progetto della Fiorentina, con un investimento sui 150 milioni, è stato presentato ufficialmente dal sindaco Renzi e riguarderebbe l’area Mercafir, l’ex mercato ortofrutticolo a Novoli. Ma la famiglia Della Valle vuole di più: strutture commerciali, turistiche e un parco a tema. E le milanesi? L’Inter deve scegliere l’area, tra quella di San Donato o quella dell’Expo a Rho: si cercano gli investitori (da 250milioni) dopo il fallimento coi cinesi, ma c’è la volontà di fare lo stadio entro il 2018. Il Milan resterebbe al Meazza, per renderlo più moderno. Le strade sono tante, ma tutte (pericolosamente) lunghe.
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