Il nostro calcio è bello perché è vario. Siamo tutti d’accordo che così non si può andare avanti, che continuando diquesto passo fra un po’ anche i portoghesi metteranno la freccia per superarci nel ranking Uefa, poi però, alla prova dei fatti, il tasso di lucidità media dei nostri dirigenti continua a rimanere deludente, ben al di sotto degli standard continentali. Le migliori energie vengono infatti bruciate per litigi epocali ma anche per sconfortanti beghe da cortile, non per favorire il rilancio del Made in Italy calcistico. Emblematico di questo stato di cose è quanto sta accadendo tra Juventus e Lazio per i soldi della Supercoppa Italiana: caciara a go go e veleni reciproci come in certe esibizioni della tv spazzatura in cui chi più urla più fa audience.
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Costa (CorSera): “La Serie A in tempo di crisi, quando Raiola passa dalla pizza…”
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A differenza della televisione dei piatti in faccia la querelle tra Agnelli e Lotito ha però fatto il salto di qualità ed è finita in tribunale (Corte Federale) ma la sostanza è la stessa: che tristezza! In questo nostro calcio così bello perché così vario fa dunque la sua discreta figura pure un tipo come Mino Rajola, il quale da ex imprenditore ramo pizzerie si è trasformato in esperto di scenari strategici, come si evince dalla sua ricetta contro la crisi che prevede come «unica soluzione per abbattere i costi e aumentare il fatturato» una fusione tra Inter e Milan, Juve e Toro, Roma e Lazio, Samp e Genoa, Atalanta e Brescia…
Buona notte, ovviamente, perché idea più strampalata nell’Italia dei comuni, nell’Italia che la squadra di calcio è come la mamma e guai a chi la tocca, non era facile da partorire però, a ben vedere, si tratta pur sempre di un’idea: quindi la diversità con i reggitori del nostro calcio, che di idee non ne hanno neppure una sparata, è netta. Ecco perché, visto l’aria che tira, forse avrebbe comunque un senso sventolare lo striscione «Rajola for president». Di Lega o di Federcalcio a questo punto farebbe poca differenza.
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