L'editorialista della Gazzetta dello Sport, Alessandro De Calò, analizza il momento dell'Inter ed in particolare di Roberto Mancini: "Se una settimana fa, dopo la sconfitta col Toro, Roberto Mancini si trovava in mezzo al guado, adesso si può dire che deve cominciare a considerare seriamente anche l’eventualità di finire a picco con questa Inter. Il kappaò col Sassuolo – che Mazzarri nell’andata aveva sepolto sotto un 7-0 – segna la fine di una fragile luna di miele e riporta il pianeta nerazzurro alla realtà. I numeri dicono che il Mancio sta facendo peggio del suo predecessore: 10 punti in 10 partite, contro i 16 collezionati da Walter Mazzarri nelle 11 giornate prima dell’esonero. Tutti i dati sono negativi: meno vittorie, più sconfitte, peggiore media punti, inferiore media gol, più reti subite ogni 90 minuti. Un disastro. Però come succede nella simpatica statistica sui polli, c’è sempre qualche variabile che le cifre non considerano, tipo il valore degli avversari affrontati. Mancini, per dire, si è misurato contro Roma, Lazio e Juve – dopo il debutto nel derby col Milan – ed è stato battuto soltanto dai giallorossi; Mazzarri, invece, si era misurato solo con Fiorentina e Napoli – tra le big – rimediando una sconfitta e un pari.
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De Calò (GdS): “Mancini, fine della luna di miele. Ma ci sono 2 cose da considerare”
L’editorialista della Gazzetta dello Sport, Alessandro De Calò, analizza il momento dell’Inter ed in particolare di Roberto Mancini: “Se una settimana fa, dopo la sconfitta col Toro, Roberto Mancini si trovava in mezzo al guado,...
Ci sono almeno altri due distinguo da fare. Il primo riguarda la qualità del gioco, mai decollata con il tecnico toscano e invece apprezzabile – a tratti – sotto gli input manciniani. Il secondo distinguo chiama in causa i due progetti. Uno iniziato d’estate, a bocce ferme, l’altro aggiustato in corsa e ancora incompiuto. Magre consolazioni. Mancini deve preoccuparsi per il rendimento che la sua squadra ha offerto in gennaio dopo il prezioso pari strappato alla Juve e il convincente successo sul Genoa.
Quello sembrava il punto di svolta decisivo, il decollo verso un gioco più simile al calcio praticato in Europa, accompagnato da risultati concreti e da un salto di qualità nel rendimento dei giocatori. Qualcuno – davanti ai nomi dei Podolski e degli Shaqiri arrivati col mercato invernale – aveva cominciato a fantasticare proiezioni Champions, ascese verticali verso un terzo posto francamente troppo alto e lontano per risultare praticabile. Paradossalmente, anziché rinforzare la squadra, il mercato l’ha stressata e confusa: il possibile arrivo di concorrenti nel ruolo ha finito col deprimere i giocatori messi in discussione piuttosto che stimolare il loro orgoglio e amplificarne il rendimento. Invece di diventare virtuoso, il circolo del cambiamento rischia di avvitarsi attorno a qualcosa di vizioso, a grandi o piccoli lapsus come il cortocircuito che ieri ha accompagnato la sostituzione di Vidic (piuttosto che Donkor) con Brozovic.
Il siparietto finale - poi - tra Icardi, Guarin e quelle maglie rimpallate con i tifosi, sono il termometro di una temperatura che cresce pericolosamente. È probabile che adesso Mancini rimpianga di non aver aspettato altre chiamate: potevano arrivargli da qualche top club, tipo il Psg che cigola con Laurent Blanc. Ed è altrettanto probabile che il Mancio dirotti un bel po’ di energie sulle coppe, a cominciare dal quarto di Tim Cup da giocare a Napoli, mercoledì sera. Più avanti ci sarà anche l’Europa League, col Celtic. Altre volte, nel percorso di allenatore, Mancini ha costruito i suoi successi partendo da una coppa laterale. Visto il triste campionato, ai tifosi nerazzurri ormai conviene sperare che la storia si ripeta.
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