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Di Gennaro: “Scamacca non gioca le coppe: se andasse all’Inter lo farebbe? Chissà”

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Le parole dell'ex calciatore: "Dopo l'Argentina ho visto una squadra diversa. Mancini aveva chiesto di ritrovare lo spirito del passato"

Marco Astori

Antonio Di Gennaro, ex calciatore, ha rilasciato un'intervista ai microfoni de Il Messaggero. Queste le sue considerazioni sul momento della Nazionale: «Dopo l'Argentina ho visto una squadra diversa. Mancini aveva chiesto di ritrovare lo spirito del passato, e si è notato subito un gioco più fluido, più verticale: con la Germania era d'obbligo, perché ti ci costringono, con l'Ungheria invece è stata una scelta, andata benissimo. Le uscite da dietro con Cristante, la verticalità, gli scambi veloci. Ho visto azioni che mi hanno ricordato il primo ciclo di Mancini. L'Italia si sta ritrovando, anche se ci vorrà tempo per ricostruire, e non avremo più Chiellini. Ma la linea è quella: bel gioco e largo ai giovani. Pare che alcuni di loro non amino particolarmente l'azzurro, ed è una cosa che fa cadere le braccia. Ma avanti con gli altri».

Ad averceli, i giovani...

«Ma ci sono eccome. Non solo l'emergente Gnonto che abbiamo conosciuto tutti, ne esistono parecchi, basta guardare l'under 19 e l'under 17. E in serie A e B penso a Carnesecchi, a Vicario, Viti e Parisi dell'Empoli, a tanti altri. Il problema è che giocano in squadre che non fanno le coppe. Guardate Tonali, in un anno è cresciuto in modo esponenziale: si è messo in discussione rinunciando a una parte dell'ingaggio, e soprattutto ha giocato in Champions, dove c'è il massimo livello possibile. Quanti giovani come lui ne hanno avuto la possibilità?».

Praticamente nessuno: infatti con gli attaccanti abbiamo enormi problemi.

«Il capocannoniere Immobile gioca nella quinta squadra della A, l'unica tra le prime 7 che abbia un attaccante italiano. C'è poi Scamacca, che però come gli altri suoi compagni del Sassuolo non gioca in coppa: se andasse all'Inter, lo farebbe? Chissà. Dubito che partirebbe titolare in Champions, o nel derby. Mentre nella Fiorentina giocherebbe sempre. E il discorso vale per tanti altri. Se non ti misuri in Europa, non sali di livello. Detto che il problema di inserire i giovani nei grandi club c'è sempre stato, pure quando abbiamo vinto l'Europeo, pure quando giocavo io. Non tutto è da buttare, anzi».

Cosa intende?

«Il risultato è sovrano e orienta i giudizi. Siamo arrivati alla catastrofe con la Macedonia, d'accordo, ma mi viene sempre in mente il gol fallito da Berardi a porta vuota... e anche prima, non meritavamo di uscire con la Svizzera: abbiamo sbagliato due rigori clamorosi e da lì è cambiato tutto. Ma siamo l'Italia, abbiamo vinto 4 Mondiali e 2 Europei, abbiamo una grande tradizione: la difficoltà di inserire i giovani e l'organizzazione da cambiare sono temi già sul tavolo da tempo, eppure meno di un anno fa siamo diventati campioni d'Europa. Io rimango ottimista, come Mancini: lui ha cambiato la mentalità, i giocatori avevano sposato le sue idee, abbiamo giocato un gran calcio e senza avere i fenomeni di un tempo, penso a Totti o a Baggio. Il progetto è giusto e deve continuare. Anche perché credo poco a rivoluzioni nell'organizzazione del nostro calcio, sinceramente. Ma ci sarebbe una cosa da cambiare subito: nelle giovanili c'è solo un 30% di italiani e il resto sono stranieri. Assurdo».

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