Francesco Della Villa, direttore del Centro Studi Isokinetic, ha parlato così ai microfoni del Corriere dello Sport dei troppi infortuni a cui stiamo assistendo nel campionato di Serie A e non solo: «Gli infortuni purtroppo ci saranno sempre, anche se possono essere ridotti. Bisogna cercare di ragionare su performance sostenibili degli atleti, avere un piano, una strategia, e portarla avanti. Durante una conferenza nel 2020 l’avevamo detto: sapevamo che questi due anni sarebbero stati molto difficili. Europei, campionati, coppe. Vanno bene i titolarissimi, ma bisogna fare i conti con la performance sostenibile. Da un lato c’è la performance, la competizione, la vittoria di un trofeo. E dall’altra ci sono i principi della medicina. La medicina dello sport sta lì, nel mezzo, per bilanciare, per equilibrare».
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Dott Della Villa: “Troppi infortuni, calendario congestionato. Si riduca il rischio”
Le parole del noto medico: "Avere una partita a una distanza inferiore di quattro giorni rispetto alla precedente comporta un aumento di rischio"
Cosa si può fare per preservare l’integrità dei giocatori?
«Come comunità medico-sportiva, e in generale come azienda calcio, come struttura calcio, fin dalle giovanili è importante e opportuno parlare di una performance sostenibile per i giocatori. In questo ci piacerebbe che ci fosse consenso, è molto importante. I calciatori si prendono un rischio giocando, e questo rischio non potrà mai essere azzerato completamente. Però sappiamo che ci sono interventi che devono essere contestualizzati e che possono ridurre l’incidenza degli infortuni».
Quali?
«L’esposizione è sempre il primo fattore. Una delle ragioni per cui abbiamo visto così tanti infortuni nell’ultima giornata è legata al fatto che il calendario è congestionato. Avere una partita a una distanza inferiore di quattro giorni rispetto alla precedente comporta un aumento di rischio rispetto a una distanza di sei giorni. Questo è provato scientificamente».
Insomma, troppe partite.
«Il grosso problema riguarda i cicli di competizioni congeste e compatte. Pensiamo a un giocatore che ha affrontato sei partite in pochi giorni, una gara in nazionale, poi una con il club, in coppa e di nuovo con il club. Ed è quello che in qualche caso abbiamo visto mercoledì sera».
Con Kjaer, per esempio.
«In quel caso parliamo di infortuni ai legamenti del ginocchio. Abbiamo studiato che questi infortuni gravi avvengono più spesso nella prima parte del primo tempo, proprio all’inizio del gioco. E avvengono spesso in situazioni di pressing ad alta intensità. Proprio come è successo al giocatore del Milan. La squadra aveva cominciato forte, pressing alto, Kjaer era già andato in pressing una volta, la seconda ha avuto purtroppo questo evento».
In generale, la prevenzione può aiutare?
«Esistono dei programmi di prevenzione che permettono di ridurre questi infortuni. Esistono, e molte società li adottano e li usano utilizzando anche metodiche sofisticate. L’implementazione della prevenzione primaria degli infortuni può essere ottimizzata. Perché è efficace. Permette di ridurre gli infortuni del 30-40%. Questo non risolve tutto, ma toglie una bella fetta».
Ma perché tanti tipi diversi di infortunio?
«L’esposizione è il fattore di rischio numero uno, su questo non ci sono dubbi. Ma poi non c’è una risposta facile a questa domanda. Anche se c’è molto interesse nella cura e nella prevenzione dei legamenti del ginocchio, nel calcio sono gli infortuni muscolari che la fanno da padrone. Sono quelli gli infortuni più frequenti. Soprattutto ai flessori, i muscoli posteriori della coscia».
Il clima freddo, l’inverno, possono incidere?
«Non ci sono evidenze scientifiche a riguardo, secondo gli studi della UEFA il maggiore picco di infortuni avviene di solito all’inizio della stagione».
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