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Duncan: “L’Inter è stata una famiglia. Futuro? Voglio restare a Sassuolo. In passato…”

Le parole del centrocampista ghanese, prodotto del settore giovanile nerazzurro

Fabio Alampi

In attesa di Inter-Sassuolo di questa sera, ai microfoni de La Gazzetta dello Sport ha parlato uno degli ex di giornata: il centrocampista ghanese Joseph Alfred Duncan.

Duncan, riavvolgiamo il nastro: Inter-Sassuolo dentro al «suo» San Siro vuoto per quei cori a un ragazzo di colore. Come lei.

Non l'ho mai detto, ma a me è capitata diverse volte una situazione del genere. Almeno una decina. La prima nelle giovanili dell'Inter. Dai genitori in tribuna. Ho fatto finta di niente ma la cosa che più mi ferì fu pensare al possibile processo di crescita di alcuni ragazzi: se vedo mio padre fare "buu" a un ragazzo di colore, allora da grande lo farò anch'io. Orribile emulazione. Tutto sbagliato.

Avrà letto del dibattito fra proposta-Ancelotti e Istituzioni.

Sì. Ho fatto tante volte finta di niente e forse lo rifarò, ma dare diecimila euro di multa a una squadra come l'Inter è solletico, due giornate di squalifica ok, ma passano e vanno. La Lega deve dare una sanzione pesante. Pesantissima. Cosicché una dopo l'altra si arriverà al far passare certe idee a certe persone. Una volta feci il raccattapalle a Inter-Barcellona: San Siro pieno, nessuno che offendeva nessuno, tifo solamente pro. Giocare in uno stadio vuoto, pur se con la splendida idea dei bambini, è tremendo.

Ha pensato di fare come il suo compagno Boateng, fermarsi?

Sì. Ci sono arrivato a un secondo dal farlo. Braccia conserte, stop, mi fermo, basta. E non è detto che prima o poi non lo farò. Colpivano di "buu" me e Adjapong. Era una gara contro la Lazio. Non l'ho fatto per le altre persone che avevano pagato per vederci. Loro meritano. In queste situazioni, però, mi piace poter pensare una cosa: che gli arbitri ci aiutino sempre.

La storia di Koulibaly a S.Siro cosa le ha lasciato?

Schifezza. Non riesco a capire come nel mondo dello sport possa entrare questo vizio di colpire il colore della pelle. E' fastidioso. Una volta, dopo alcuni "buuu", sono entrato nello spogliatoio e c'ho ripensato. Ero disgustato.

Lei a 16 anni è arrivato a Milano da Accra per giocare nell'Inter: ha sviluppato una personalità di ferro che la porta a dire ciò che pensa. Sempre.

Quando c'è qualcosa che non mi quadra, dico. A volte esagero ma posso ringraziare le mie due famiglie, quella originaria e quella italiana (Giusti, ndr), per l'educazione che mi hanno dato. Vede: quando nelle giovanili dell'Inter molti miei compagni scavalcavano di nascosto per uscire la sera, io e Mbaye (ora al Bologna,ndr) restavamo nel convitto a studiare l'italiano. Non lo dico per farmi bello ma perché fiero di aver avuto un'educazione forte.

Cos'è l'Inter per lei?

Un'altra famiglia che quando sono arrivato in Italia senza sapere nulla mi ha dato il pane e forse ciò che nessun'altra mi avrebbe concesso: pazienza, anche di crescere per il tesseramento da extracomunitario. Con l'Inter ho esordito in A e a San Siro. Se sono un loro rimpianto? Non credo, però faccia una cosa: lo chieda a loro...

Il dg Carnevali ha detto che a gennaio nessuno si muove.

Non voglio muovermi nemmeno io. Voglio tornare in Europa col Sassuolo e giocare di più: la prima volta feci solo una gara. Sempre che De Zerbi mi voglia ancora.

Da piccolo voleva fare il giornalista: Inter-Sassuolo di oggi?

Un girone fa, ad inizio campionato, con De Zerbi ci dicemmo: andiamo e giochiamocela, con serenità, identità e personalità. E' stato così. E battemmo l'Inter. Ecco, quelle caratteristiche le abbiamo un po' perse, oggi dobbiamo ritrovarle.

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