Tra le colonne del Corriere della Sera, edizione Milano, Gianfelice Facchetti, figlio dell'ex presidente nerazzurro Giacinto, ha commentato così il momento del calcio e il ridimensionamento dell'Inter: "«Asino!». Da giorni guardandomi allo specchio dico così. Da quando iniziavano a rincorrersi le notizie sull’addio di Lukaku e sul probabile effetto a catena di altre partenze. Asino perché da tifoso appassionato quale sono, ho continuato a trovare giustificazioni alla mia fede pur di non guardare la realtà. Due cambi di proprietà, l’Inter che da Milano passava prima a Giacarta poi a Nanchino, e per me andava tutto bene. Slogan, colpi di mercato, capriole finanziarie hanno offuscato una visione sincera di quello che accadeva. Ora, il re della Milano nerazzurra è nudo e anche noi che ci eravamo proclamati suoi sudditi. Se la squadra campione d’Italia viene smontata pezzo a pezzo, forse non è più tempo di sognare distrattamente ma di stare svegli e vigili.
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Facchetti: “Inter smontata, basta sognare. Da tifoso ho continuato a…”
Il pensiero di Gianfelice: "Due cambi di proprietà, l’Inter che da Milano passava prima a Giacarta poi a Nanchino, e per me andava tutto bene"
Guardarsi attorno certo non rassicura perché è tutto il sistema di questo calcio cannibale a non essere più sopportabile tra ingaggi fuori controllo, procuratori pescecani e bilanci che non reggono più. Scrivo Lukaku ma guardando sull’altra sponda del Naviglio varrebbe lo stesso per Donnarumma. Dentro e fuori dai confini siamo Messi tutti male, un po’ come il campione argentino che nella sua ultima conferenza stampa a Barcellona piange ma intanto firma l’ennesimo contratto per gli sceicchi di Parigi. Mai uno che accetti di ridimensionare se stesso o il proprio talento, nonostante gli anni. Giochiamo con un pallone sgonfio e spremuto che decide di rimbalzare solo dove luccicano zecchini, in quelle poche piazze in cui il FairPlay finanziario vale quanto il rispetto della legge in un saloon. Sceriffi nei paraggi non se ne vedono, qui si specula ma non si regola se non a capriccio. Vince chi urla di più e chi la spara più grossa. Meglio guardarci negli occhi una buona volta per tutte e iniziare a ricostruire prima del crollo: è tempo di dedicarci con serietà a un’idea sostenibile di football.
Dovremmo pretendere tutti uno sport che si riavvicini alle persone con un coinvolgimento reale di noi tifosi, come avviene da anni in Germania. L’azionariato popolare aspira a ciò, a creare per i club un modello di gestione più equilibrato. Solo ripensando il presente possiamo immaginare di tenere viva la passione, altrimenti il disamore avrà la meglio. Dalla serie A in giù. Da anni nelle serie minori si assiste a una strage di squadre che non possono iscriversi al campionato, il tutto nell’indifferenza generale. Fino a quando? Ultima squadra scomparsa dai radar è il Chievo dei miracoli che tanti additavano come modello virtuoso. Quando ancora militava in serie B i cugini veronesi li prendevano in giro: «Quando andrete in serie A gli asini voleranno!». Anche quelli oggi non volano più, sono rimasti di stucco come me e tanti altri tifosi nerazzurri davanti allo specchio provando a capire da dove ricominciare. Da chiarezza e ironia, qualità per cui non spicca questa proprietà. «A Milano ci solo due squadre, l’Inter e la primavera dell’Inter!», diceva l’Avvocato Prisco. Per cortesia, lasciatecele entrambe.
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